Convegno: SIFAR e "PIANO SOLO"
PRESENTAZIONE
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PREMESSA
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2. a) I lavori della Commissione
Mi auguro, altresì, che la Commissione Stragi voglia acquisire tutte le memorie che il generale de Lorenzo - nella sua qualità di deputato - depositò tra il 1968 ed il 1970 alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati e delle quali non riesco ad ottenere copia.
A causa dei presupposti prima ricordati, nel corso dell'indagine prevalse il risentimento personale sul dovere di accertare la verità e, perciò, l'obiettivo centrale dell'inchiesta divenne, di fatto, l'emarginazione del generale de Lorenzo dall'area militare; la Commissione Beolchini si comportò come un plotone di esecuzione.
Alla Commissione Beolchini era stato affidato il compito di accertare:
- le cause che avevano determinato la "sparizione" dei fascicoli, denunciata dall'ammiraglio HENKE;
- l'origine dei fascicoli e l'uso che era stato fatto dalle informazioni raccolte.
Ma la Commissione considerò tali compiti come un semplice spunto e non come il fine delle indagini, che si diressero verso un solo obiettivo: l'emarginazione del generale de Lorenzo.
La Commissione Beolchini ascoltò più di sessanta persone e la massima parte delle domande loro rivolte riguardavano fatti e situazioni che nulla avevano a che fare con lo scopo dell'indagine disposta dal Ministro. Tra l'altro, la Commissione pretese di indagare persino su questioni riguardanti l'organizzazione del SIFAR, l'impiego del personale e le "rapide" carriere di taluni ufficiali. Cercò di conoscere addirittura quali rapporti erano intercorsi tra taluni ufficiali del SIFAR ed alcuni presunti loro collaboratori e si cercò di stabilire quali fossero state le rispettive 'contropartite'. Per tutti, ricorderò le domande sui rapporti tra il gen. ALLAVENA capo del SIFAR, ed il dr. SPALLONE, medico di TOGLIATTI (Relazione Beolchini, verbale seduta 14/3/1967, pag. 7, all. n. 63).
Gli interrogatori furono svolti in maniera vessatoria e numerosi ex collaboratori del generale de Lorenzo furono illegittimamente colpiti da sanzioni disciplinari, perché colpevoli di reticenza.
Furono sentiti anche lo stesso gen. de Lorenzo e l'ex Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Aldo ROSSI, da cui dipendeva istituzionalmente il SIFAR. I due ufficiali risposero a tutte le domande senza alcuna riserva e - di propria iniziativa - fecero dei significativi ed incontestabili rilievi di fondo, che sono stati ignorati dalla stampa e ?quel che più conta? dalla stessa proposta di RELAZIONE del senatore Pellegrino (vedi allegati alla Relazione Beolchini)
In particolare, il generale de Lorenzo fece rilevare che la Commissione aveva svolto un'inchiesta assolutamente illegittima e fuori dall'ambito stabilito dal Ministro (verbale seduta 15/3/1967 pag.4).
Il generale Rossi, già Capo di Stato Maggiore della Difesa e superiore diretto del generale de Lorenzo, volle premettere che il Servizio Informazioni militare si era trovato altre volte nella necessità di occuparsi di questioni politiche e che "la collocazione dell'Italia della NATO comportava la necessità di conoscere tutto dei settori vitali del Paese" (verbale seduta 16/3/1967).
Inoltre - precisò il gen. Rossi con estrema fermezza ed onestà - molte attività del SIFAR erano state svolte per ordine dei superiori della scala gerarchica, Capo dello Stato, Presidente del Consiglio, Ministro della Difesa.... (all. n. 64 alla Rel. Beolchini, pag. 7/8).
E potrei continuare a lungo, dimostrando - tra l'altro - che il Sifar era stato riconosciuto dagli alleati il miglior Servizio Informazioni della Nato, quello che produceva di più spendendo di meno.
Risultanze di tal genere provocavano evidenti motivi di imbarazzo nella commissione Beolchini e negli ambienti politici interessati; pertanto prima che la commissione concludesse i lavori il Ministro della Difesa, Tremelloni, incaricò il consigliere Lugo - persona di sua fiducia e membro della stessa Commissione Beolchini - di convincere il generale de Lorenzo a dimettersi spontaneamente dalla carica di capo di S.M.E. in cambio di un incarico diplomatico.
2. b) Tentato ricatto in nome del Ministro
Il consigliere Lugo si presentò dal generale de Lorenzo a nome del Ministro della Difesa, annunciandogli che dagli accertamenti della Commissione erano emerse a suo carico gravi (quanto imprecisate) responsabilità. Era una maniera per tentare di mettere il generale in una situazione di difficoltà.
La Commissione stava per chiudere i lavori.
"Se si dimette - gli disse Lugo senza mezzi termini - Lei sarà nominato ambasciatore".
II generale de Lorenzo, certo di avere la coscienza a posto, respinse con fermezza ogni blandizia e minaccia, rifiutò l'offerta e registrò il colloquio su nastro magnetico.
Fallito il tentativo del Consigliere Lugo, il giorno successivo, volle provarci personalmente il Ministro della Difesa; Tremelloni convocò il generale de Lorenzo nel suo gabinetto e gli rinnovò la proposta, ma ne ricevette un nuovo rifiuto.
Lo stesso giorno, il Consiglio dei Ministri destituì il generale de Lorenzo dalla carica di Capo di Stato Maggiore.
Quali responsabilità aveva contratto il generale de Lorenzo?
In sostanza, una soltanto: quella di non essersi tolto di mezzo per lasciare campo libero a quanti volevano acquistare carri armati che egli aveva considerato non adatti alle esigenze dell'esercito italiano e di concludere altri affari del genere, "con procedure poco chiare".
Ma questo è un altro discorso e se ne tratterà presto in un'altra sede. Qui mi limiterò a ricordare che il generale de Lorenzo quegli illeciti progetti li denunciò anche in Commissione Difesa (Carnera Deputati, 29/1/1969) precisando che egli si era opposto all'acquisto di materiali costosi e non idonei alle esigenze operative italiane.
In sostanza una "TANGENTOPOLl" ante litteram.
2. c) Sul ricatto, il segreto di Stato
Torniamo al colloquio de Lorenzo/Lugo.
Il generale de Lorenzo, dunque, registrò quella ricattatoria conversazione e ne depositò il nastro magnetico con relativa trascrizione alle Commissioni che indagarono sui fatti e persino al Tribunale.
C'erano tutti gli elementi per incriminare il consigliere Lugo del reato di tentata estorsione ed altro, ma non accadde nulla di simile. Al contrario. Nonostante costituisse la prova incontestabile di un gravissimo reato commesso su mandato del Ministro della Difesa, il colloquio de Lorenzo/Lugo fu addirittura coperto dal segreto di Stato, non certo per tutelare la sicurezza dello Stato, ma per garantire l'impunità del consigliere Lugo, della Commissione Beolchini e dello stesso Ministro della Difesa.
Quel singolare segreto di Stato venne rimosso soltanto nel 1990!
Incidentalmente, debbo ricordare che questi fatti - dopo la rimozione degli 'omissis' - divennero nel 1990 di pubblico dominio e sono stati considerati anche in una seduta della Commissione Stragi, durante la quale l'onorevole Macis rimarcò il tentativo di ricatto effettuato (sia pure con una "pistola scarica") dal consigliere Lugo nei confronti del generale de Lorenzo.
Ma la Commissione Stragi non andò oltre.
Auspico che il Senatore Pellegrino. attuale Presidente della Commissione Stragi. disponga al riguardo i dovuti approfondimenti, non soltanto sulla relazione. ma sugli allegati di tutte le commissioni che indagarono sul Sifar.
3. Le conclusioni della Commissione Beolchini
Il tentato ricatto nei confronti del generale de Lorenzo poteva essere interpretato in un modo soltanto: la Commissione Beolchini aveva cercato in tutti i modi di creare nei confronti del generale de Lorenzo responsabilità insussistenti, ma al momento di concludere, si trovava in mano un pugno di mosche.
Per demonizzare la figura del generale e toglierlo di mezzo, la Commissione Beolchini trasse conclusioni arbitrarie, inique e contraddittorie, enfatizzando un argomento suggestivo quanto infondato, quello riguardante la legittimità dell'impianto dei fascicoli e della cosiddetta schedatura generalizzata.
Si fece riportare dagli organi di informazione la notizia che il Sifar era arrivato ad impiantare 157.000 fascicoli, una cifra, questa che per un Paese come l'Italia non poteva indicare un fenomeno di schedatura generalizzata. Oggi, poi, una tale cifra è assolutamente irrilevante ove si consideri che ? secondo una nte inchiesta, tra fascicoli e schede riconducibili alle attività informative varie? in Italia se ne contano più di 250 milioni. Contro ogni obiettiva risultanza di fatto e di diritto, la Commissione Beolchini affermò che il SIFAR aveva deviato dalle sue finalità istituzionali soltanto a partire dal 1956, da quando, cioè, il generale de Lorenzo ne assunse il comando. Al tempo stesso, però, la Commissione riconosceva ?contraddicendosi? che l'attività del SIFAR non era disciplinata e che in mancanza di un chiara e definita normativa era difficile stabilire quali potessero essere i suoi limiti (Rel. Beolchini, 42/52).
Ed allora, non si comprende come sulla base di siffatte premesse, la Commissione Beolchini abbia poi potuto affermare che nell'attività del SIFAR erano state riscontrate deviazioni dai compiti istituzionali (ibidem, pag.20/23 Relazione Beolchini), se tali compiti non erano stati dettagliatamente precisati.
Un rilievo, questo, che sarà formulato - come abbiamo già visto, pag.7 - dal PM di udienza, durante il processo scaturito dalla seconda querela del generale de Lorenzo contro il settimanale l' Espresso.
Infine, nonostante le chiare risultanze emerse in proposito, la Commissione non volle riconoscere esplicitamente che delle notizie contenute nei fascicoli nessuno aveva fatto uso illecito; al contrario, creò artificiosamente nel Paese un clima di allarme e di diffidenza, che collocò il SIFAR in una pessima luce e ne segnò la fine.
4. Il segreto di Stato, a favore di chi?
Ebbene, vogliamo chiederci perché tali dichiarazioni furono coperte con il segreto di Stato e non furono menzionate ?neppure per estrattonella relazione finale della Commissione Beolchini?
E vogliamo chiederci, anche, per quale ragione - dopo la loro desegretazione - si continua ad ignorarne il contenuto complessivo e se ne utilizzano - in maniera disinformante - solo taluni passaggi, avulsi dal loro contesto?
Questa domanda io la rivolgo ai saggisti, agli storiografi, e, soprattutto, al senatore Pellegrino, Presidente della Commissione Stragi, che si è assunto il lodevole compito di riscrivere la storia dei primi cinquant'anni della Repubblica.
5. La Magistratura "archivia" la Relazione Beolchini
Le conclusioni della Commissione Beolchini furono vagliate dalla Magistratura di Roma.
Il Procuratore Generale - che seguiva la questione a causa della campagna di stampa che si sviluppava sempre più vivacemente sugli "abusi" del SIFAR - nel gennaio 1967 chiese al Ministro della Difesa di inviargli una copia della Relazione Beolchini, non appena fosse stata redatta.
Nel frattempo, esaminò come testi il nuovo capo del Servizio, l'ammiraglio Henke, alcuni giornalisti, nonché l'ex Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi.
Allorquando ricevette la copia della Relazione Beolchini, il Procuratore Generale, svolse i suoi accertamenti e trasse le seguenti conclusioni:
a) i fascicoli "scomparsi" erano stati eliminati legittimamente dal generale Allavena, che non poteva, perciò, essere perseguito penalmente (pag.3/4 delle richieste del Procuratore Generale);
b) l'impianto dei fascicoli non ebbe origine con il generale de Lorenzo, ma sin da quando il SIFAR fu istituito.
In proposito, rilasciò dichiarazioni circostanziate soprattutto l'ex Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi;
c) nessun abuso era stato ravvisato, né nel fatto dell'impianto dei fascicoli e neppure nell'utilizzazione del loro contenuto.
Il giudice istruttore, dr. Giovanni Moffa, accolse le richieste del procuratore generale ed archiviò il procedimento con decreto 1/12/1967.
In conclusione. la Magistratura non rilevò alcun illecito nelle attività del SIFAR e tanto meno nei confronti del generale de Lorenzo.
Se non si vuol fare della DISINFORMAZIONE, Si può ignorare una tale decisione della Magistratura ed affermare ancora che le schedature del Sifar erano illegali?
Mi auguro che il Presidente Pellegrino voglia disporre l'acquisizione della "sentenza Moffa" agli atti della Commissione per le conseguenti valutazioni in relazione al giudizio espresso a pag. 80/81 della sua PROPOSTA DI RELAZIONE
II° - IL PIANO SOLO
1. -La campagna di stampa de L'ESPRESSO
La seconda "bomba ad orologeria" esplose il 10 maggio 1967, pochi giorni dopo che il generale de Lorenzo era stato illegittimamente destituito dalla carica di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito.
Il settimanale L'ESPRESSO- riprendendo certe voci che erano circolate (e smentite!) tre anni prima- con l'aria di fare una rivelazione sensazionale, pubblicò un servizio dal titolo "FINALMENTE LA VERITÀ SUL SIFAR - 14 LUGLIO 1964 - COMPLOTTO AL QUIRINALE - SEGNI E DE LORENZO PREPARAVANO IL COLPO DI STATO".
Il generale de Lorenzo preparò subito una smentita, ma "qualcuno" tentò di dissuaderlo, spiegandogli che l'obiettivo non era lui. Il generale non cedette e fece pubblicare la smentita. L'Espresso proseguì in quella campagna, evidentemente programmata, e pubblicò altri articoli sullo stesso tema, sostenendo che - secondo confidenze riferite da due colonnelli dell'Arma - nell'estate del 1964 sarebbero state tenute delle riunioni al Comando Generale, per organizzare un colpo di Stato.
Per individuare gli ufficiali citati dal giornalista, il Comandante Generale dell'Arma, affidò subito al generale Giorgio MANES l'incarico di svolgere un'indagine.
Dopo un mese, il gen. MANES presentò il suo RAPPORTO premettendo di non essere riuscito ad identificare gli ufficiali che avrebbero fatto confidenze a L'ESPRESSO e "segnalando" che era riuscito, però, a "scoprire" che al Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri alcuni elementi del SIFAR avevano distribuito delle "liste" di persone pericolose da arrestare in determinate circostanze per prevenire perturbamenti dell'ordine pubblico.
Inoltre, il generale Manes segnalò di aver acquisito la testimonianza su alcune riunioni dei Capi di S.M. delle Divisioni, tenutesi al Comando Generale sul problema dello ordine pubblico nella primavera del 1964.
2. -Querele contro L'ESPRESSO. condanna dei giornalisti
Il generale de Lorenzo considerò diffamatorie le notizie pubblicate da l'ESPRESSO e sporse querela contro i giornalisti Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi.
Nel corso del processo -lungo e meticoloso- furono valutati anche la Relazione Beolchini, la "sentenza Moffa" ed il cosiddetto "RAPPORTO MANES". Il processo, perciò, fu un'occasione per valutare non soltanto l'accusa di tentativo di colpo di Stato, ma tutte le problematiche connesse all'attività del SIFAR, ai suoi rapporti con l'Arma dei CC. ed alla legittimità di certe iniziative adottate nel 1964 in materia di ordine pubblico.
Mi limito a riportare qui alcuni giudizi espressi in sentenza dal Tribunale:
a) - sulla Commissione Beolchini
Dopo averne individuato la categoria giuridica, "Commissione di Inchiesta che nulla ha di giurisdizionale") il Tribunale rilevò che il generale Beolchini era stato nominato Presidente "in spregio al criterio dell'imparzialità", stante il suo ben noto disaccordo con il generale de Lorenzo.
"Conclusioni", quelle della Commissione Beolchini, di scarso valore, alle quali "deve disconoscersi piena efficacia probatoria..." perché prive dell'indicazione degli "specif ci elementi in base ai quali esse furono adottate";
b) - sul 'Rapporto Manes'
Il c.d. 'Rapporto Manes' è stato oggetto nel tempo di diverse, arbitrarie, interpretazioni, ma -lungi dal costituire la prova del tentativo di un colpo di Stato- il Tribunale di Roma lo giudicò come la dimostrazione che nessuna misura eccezionale fu adottata nell'estate 1964, bensì soltanto "legittime misure cautelative per fronteggiare eventuali turbamenti dell'ordine pubblico".
Quanto alla fondatezza delle accuse contro il generale de Lorenzo, in merito all'organizzazione di un "colpo di Stato", il Tribunale censurò duramente L'ESPRESSO, nei seguenti termini: "L'attenta, minuziosa verifica di tutte le risultanze processuali impone una sola conclusione e cioè che non una delle affermazioni contenute negli articoli ha mai avuto concreto fondamento di verità".
"Falsità consapevoli - prosegue la sentenza - e certamente preordinate per un illecito scopo che, ad esser benevoli, può individuarsi nell'intendimento degli imputati di condurre una clamorosa campagna di stampa innestandola sullo "scandalo" del SIFAR, che andava incamminandosi sulla via del ridimensionamento e della definizione".
"Può quindi - conclude la sentenza di condanna - il Tribunale in piena scienza e coscienza affermare che gli imputati intenzionalmente e consapevolmente montarono una scandalosa e scandalistica campagna di stampa, ben conoscendo la falsità dell'assunto che intendevano accreditare presso l'opinione pubblica", contro il generale de Lorenzo.
"Conclusioni, le predette, a cui il Collegio è pervenuto a seguito dell'esame critico doverosamente spinto in profondità, secondo criteri di obiettiva analisi di tutte le risultanze... sulle quali non ha mai pesato, neppur minimamente il segreto militare opposto dalla competente autorità..."
3. -Commissione Lombardi e Commissione Parlamentare d'Inchiesta
Dopo la sentenza pronunciata il 1 marzo 1968 dal Tribunale di Roma contro i giornalisti de l'Espresso, l'ipotesi di un tentativo di colpo di Stato ordito nella primavera-estate del 1964 fu poi vagliata dalla c.d. Commissione Lombardi, istituita nel gennaio 1968 mentre era ancora in corso l'istruttoria dibattimentale per la querela de Lorenzo contro l'Espresso.
La Commissione Lombardi concluse escludendo "che le predisposizioni e le iniziative assunte nella primavera-estate 1964 avessero il fine e l'attitudine e dell'effettuazione di un colpo di Stato"
Qualche mese dopo, l'argomento fu oggetto di nuova verifica davanti al Tribunale di Roma, nel corso del procedimento relativo alla seconda querela sporta dal generale de Lorenzo contro i giornalisti Corbi e Gregoretti de L'ESPRESSO. Tra gli altri testimoni depose il gen. Lombardi, che confermò le conclusioni contenute nella sua relazione, con le quali si escludeva che il c.d. Piano Solo tendesse ad un colpo di Stato.
Nel corso della sua deposizione, il generale Lombardi dichiarò testualmente: "ho visto il Piano Solo e lo ho studiato a fondo... era rappresentato da tre fascicoli... i piani delle tre derisioni (che) sono andate a finire nella cassaforte del Comando Generale.
"Questi piani non erano al momento attuabili praticamente... perché erano basati sul richiamo dal congedo di personale richiamo che non era attuabile per mancanza di leggi..
I piani erano stati redatti in bozza".
Il 27 gennaio 1970, lo stesso giorno in cui il generale Lombardi deponeva davanti al Tribunale, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri (vedi lettera riprodotta a pagina 12) comunicava al Tribunale stesso che "gli elaborati del c.d. piano Solo sono da considerarsi di vietata divulgazione" e perciò non potevano essere inviati secondo quanto il collegio aveva richiesto.
Tale comunicazione appare obiettivamente decisiva, al fine di dissipare ogni sospetto sulle responsabilità del generale de Lorenzo: se il Comando Generale, infatti, custodiva quelle bozze in cassaforte, considerandole coperte dal segreto nell'interesse della sicurezza dello Stato, è evidente che non poteva trattarsi di un'iniziativa personale del generale de Lorenzo, tanto meno illecita.
Il Tribunale depositò la sentenza il 13 novembre 1970, concludendo sul punto:
"Il tribunale deve dire di non avere prove per affermare che il Piano avesse uno scopo diverso dalla sua etichetta di tutela dell'ordine pubblico in caso di gravi perturbamenti" (sent. cit. pag. 127)
Siccome neppure questa conclusione parve sufficiente, fu istituita una Commissione Parlamentare di Inchiesta, in seguito ad una serie di proposte avanzate da diverse parti politiche.
Tra i proponenti c'era anche il generale Giovanni de Lorenzo (che nel frattempo era stato eletto deputato), con un disegno di legge che conferisse alla commissione il compito di indagare non soltanto sul c.d. Piano Solo, ma anche sulle attività del Sifar. Contro tale proposta reagirono i partiti di centro-sinistra e l'on.le de Lorenzo denunciò la manovra in commissione difesa della Camera (seduta 29 gennaio 1968, ore 10) rilevando che "il mandato affidato dal progetto dei gruppi di maggioranza alla Commissione parlamentare appare non volto all'accertamento della verità in relazione alle pretese ma ormai disattese deviazioni del Sifar, ma in effetti tendente a nascondere le eventuali maggiori responsabilità governative".
Nella circostanza, "il deputato de Lorenzo dichiara che la sua destituzione dalla carica di Capo di Stato Maggiore della Difesa fu determinata dai responsabili orientamenti che egli (de Lorenzo) aveva manifestato in merito: all'acquisizione dall'estero di materiali ed armamento particolarmente dispendiosi...il cui acquisto si prestava a troppe perplessità... ad un ingiustificato sperpero di fondi per l' inesistente necessità di uno sminamento fraudolentemente inventato... alle esigenze di addestramento della truppa di leva... che l'oratore (de Lorenzo) desiderava più aderenti alle necessità di un moderno esercito nazionale, per il quale l'apoliticità è coesione ed anche base essenziale dell'obbedienza..."
Non fu accolta la proposta dell'on. generale de Lorenzo, ma quella dei partiti di centro sinistra, che vollero l'indagine limitata al c.d. 'Piano Solo', agli "eventi del giugno-luglio 1964'.
La Commissione Parlamentare di Inchiesta ripercorse l'iter di tutte le Commissioni e di tutti i processi, che avevano avuto per oggetto il c.d. scandalo del SIFAR ed il 'Piano Solo', e concluse escludendo che si fosse verificato un tentativo di "golpe".
La relazione di maggioranza (vedi pag. 1054) concluse affermando testualmente:
" né dalle inchieste condotte con indubbia severità dal generale Manes e dal generale Lombardi;
· né dalle appassionate ricerche del senatore Jannuzzi e dell'onorevole Scalfari;
· né dalle laboriosissime istruttorie dei due processi (contro Jannuzzi e Scalfari, e contro Gaspari Corbi e Gregoretti);
· né dai lavori della nostra commissione parlamentare (sono) siano stati mai registrati o accertati una confi denza, una propalazione, un'indicazione allusiva al proposito eversivo... una qualsiasi lontana prova di intese comunque allusive a congiure... che avessero per oggetto il colpo di Stato politico-militare".
4. -Il "Piano Solo" nella PROPOSTA Dl RELAZIONE PELLEGRINO
La PROPOSTA DI RELAZIONE del senatore Pellegrino (pagina 84) sostiene che ci furono "contrasti valutativi... nelle conclusioni della Commissione di Inchiesta Alessi e che (vedi pag. 85) il Piano Solo non può essere considerato un piano preventivo perché "i documenti mostrano insomma anche modalità più proprie al passaggio della fase esecutiva al vero golpe...".
Non mi pare che con tali considerazioni si possano liquidare le argomentazioni della Relazione ALESSI; se la Commissione Stragi ha acquisito elementi più convincenti di quanti non ne siano stati acquisiti in passato, ebbene, vengano indicati.
Diversamente, si accettino le conclusioni di tutte le Commissioni di Inchiesta e del Tribunale di Roma, elencate a pag. 1054 della Relazione Alessi.
Secondo la mia impressione, nella PROPOSTA DI RELAZIONE del sen. Pellegrino si è voluto addirittura evitare di trattare l'argomento, sostenendo che è "improduttivo indugiare sulla realtà di un progetto golpista da parte del gen. de Lorenzo". A questo punto, vengono citate alcune frasi tratte dal memoriale dell'on. Moro, che da sole sono già sufficienti a fugare ogni sospetto di golpismo nei confronti del generale de Lorenzo.
Se, poi, a quelle frasi si aggiunge il testo del memoriale riportato a pagina 125 del DOC. XXIII n.5, vol. II (Relazione di Minoranza. C.P.I. Moro) la conclusione non può più lasciare dubbi: "Il generale de Lorenzo va ricordato come colui che collaborò con me (è l'onorevole Moro che scrive) nel '60 per far rientrare nei binari della normalità la situazione incandescente creatasi col Governo Tambroni".
Ma sappiamo tutti che - a proposito degli eventi dell'estate 1964 - quel memoriale c'è dell'altro e non certo a carico del generale de Lorenzo.
"L'obiettivo politico" di quegli eventi, dunque, non fu un colpo di Stato, tanto meno secondo i progetti calunniosamente attribuiti al generale de Lorenzo.
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C O N C L U S I O N E
Nonostante i limiti di tempo nei quali ho dovuto contenere il mio intervento, ritengo di aver offerto sufficienti indicazioni per dimostrare che lo "scandalo" del SIFAR ed il c.d. Piano Solo sono due esempi di disinformazione, che perdura nelle cronache ed in certa saggistica. Oggi -attraverso la PROPOSTA DI RELAZIONE del Sen. Pellegrino- la disinformazione minaccia di inquinare la storia della Repubblica Italiana.
Sono soltanto indicazioni, le mie; in una relazione necessariamente sintetica non è possibile fare di più.
La Commissione Stragi. però. può accertare la verità in maniera compiuta, perché nel suo archivio possiede la massima parte dei documenti necessari. Gli altri, quelli che ancora sono coperti da un incomprensibile quanto illegittimo "segreto", sono custoditi nell'archivio storico della Camera e non vedo quali ragioni possano essere opposte per impedire che la Commissione Stragi ne prenda conoscenza.
Mi riferisco a tutta la documentazione depositata dal generale de Lorenzo nella cancelleria della Commissione Alessi e che non fu utilizzata interamente; ricorderò per tutti le c.d. "veline REI-SIFAR" che, con motivi pretestuosi (Commissione Alessi- DOC XXIII n. 1- vol. II- Rel. Terracini pag. 40/41) furono coperte dal segreto di Stato. Sui documenti fondamentali della vicenda SIFAR/PIANO SOLO sono caduti tutti gli 'omissis' e non si comprende quale tipo di segreto debba ancora coprire le 'veline REI' ed altri documenti depositati da mio Padre.
Mi auguro che l'onorevole Presidente della Commissione Stragi voglia disporre l'acquisizione di tali documenti e, possibilmente, accertare le ragioni - od almeno individuarle, in linea di ipotesi - per le quali la Commissione Alessi non poté utilizzarli.
Se a distanza di sei anni dalla loro stesura, e dopo tre anni dalI'inchiesta Beolchini, dal 'Rapporto Manes', dal processo contro Jannuzzi e Scalfari due anni dalla Commissione Lombardi, mentre era in corso l'inchiesta della Commissione Parlamentare Alessi, gli elaborati del c.d. Piano Solo erano ancora custoditi nella cassaforte del Comando Generale dell'Arma come documenti segreti, ebbene, mi pare che si possano trarre almeno due conclusioni:
Ma - oltre che l'acquisizione di documenti Segretati e non utilizzati - io desidero raccomandare la corretta lettura dei documenti, che sono stati già acquisiti agli atti dell'archivio della Commissione Stragi e tuttavia seppelliti con un disinformante silenzio.
Per tutti, ne ricorderò uno, quello riprodotto a lato di questo opuscolo. Si tratta della lettera datata 27 gennaio 1970, con la quale il Comando Generale comunicò al Tribunale che quegli "elaborati, trasmessi all'epoca dai comandanti di divisione e rimasti allo stadio di bazze (erano) sono da considerarsi di vietata divulgazione ai sensi dei R.D. 11/7/1941, n. 1161" e perciò la richiesta non poteva essere accolta.
il 'PIANO SOLO' non era un progetto personale del Generale Giovanni de Lorenzo;
più precisamente, il 'PIANO SOLO' era uno studio (e non un 'Piano'), rimasto allo stadio di "bozza", e non poteva avere per oggetto -ovviamente- un colpo di Stato.
Oltre al contributo che spero di avere apportato con la mia partecipazione a questo Convegno, mi propongo di proseguire nella corretta ricostruzione della vicenda considerata, fornendo tutta la documentazione custodita NELL'ARCHIVIO DEL GENERALE de Lorenzo, già messa a disposizione -peraltro- per la stesura di un libro che si trova in fase di avanzata preparazione.
Roma, 5 febbraio 1997
La pagina personale di Alessandro de Lorenzo
La pagina personale di Giovanni de Lorenzo
Convegno: La Guerra Fredda e il Caso de Lorenzo
Vi racconto le menzogne sullo stragismo di destra di Walter Semeraro