NOTA DELL'EDITORE

Solitamente chi scrive - soprattutto chi scrive i propri ricordi , che hanno sempre un'impronta autobiografica - non racconta le cose come sono: le modifica o le maschera, vuoi per dar credito alle sue opinioni, vuoi per convincere meglio.
Gaetano Calcagnile sfugge alla norma.
Non soltanto i suoi racconti - dal significativo titolo, che fa venire in mente l'idea stendhaliana del "romanzo specchio", che riflette la vita - sono un cammino nella memoria attraverso ritratti di realtà umana nelle vesti di una rigorosa divisa: indenni da suggestioni elegiache e da virtuasismi strutturali essi trasudano umiltà e senso del dovere. In un narrare tanto facile e colloquiale quanto significativo, Calcagnile non rinuncia al vantaggio di essere stato un ufficiale di massimo grado in un'Arma prestigiosa, ma se ne avvale per testimoniare, dall'alto della sua autorevole credibilità e con lo strumento di dilettevoli episodi, quanto sia necessario, per capire il mondo, concedere al sentimento il medesimo spazio che appartiene all'intelligenza.

L'intelligenza - guida all'agire della volontà, delle qualità naturali, del bisogno di affermazione - può portare fino a (forse) appaganti, ma spesso deludenti traguardi: soltanto se integrata dal sentimento - dalla parte nobile della natura umana - essa può spianare la via delle grandi aspirazioni.
Calcagnile racconta gustosi fatti e amene situazioni di cui è stato protagonista o diretto testimone.
Non parla per sentito dire, e se gli è stato possibile essere tanto vicino a episodi di modesta quotidianità ciò è certamente dovuto al fatto che il suo prestigio non era fondato soltanto sul grado gerarchico.
Egli sapeva - ed è un sapere che gli nasce spontaneo dall'animo - che si può essere insieme buoni soldati al livello che compete e vivere in simpatia anche le espressioni più semplici della convivenza.
È un'armonia che giunge all'orecchio da un'attenta lettura: "ascoltando" tra le righe il non detto ci si rende conto di quanto ciò che lega tra loro i racconti non è una successione temporale bensì l'accesso simultaneo di immagini e suggestioni che si succedono in senso panoramico.
Dunque, scrittura semplice ma non semplicistica dei temi trattati, che sotto la leggerezza dei soggetti mostrano una profondità di contenuti. È la poetica della "poesia onesta" invocata da Saba, è la pirandelliana "letteratura di cose" contrapposta a quella "di parole". Così, il profilo filosofico di questo "L'Arma nel cuore" è disegnato dalla tendenza a partecipare alle problematiche "dell'altro" alla luce dei reciproci sentimenti; è la trama della partecipazione, che è alla base della vita morale perché rompe il cerchio stretto intorno a ciascuno di noi dall'istinto di sopravvivenza.


                                Fulvio Aglieri