UNA VITA ALL’INSEGNA DELL’IMPREVEDIBILE
Alla mia età è quasi ora di consuntivi. Quel che verrà in seguito dovrebbe infatti modificare ben poco(?) l’insieme delle mie notizie personali.
Sono nato a Bologna il 16 gennaio 1939.
Mio padre (originario della Costiera Amalfitana) era un ufficiale all’antica, generoso, ma poco portato a esteriorizzare i sentimenti affettivi ed uso dissimulare le sue grandi doti dietro una barriera di severità e intransigenza (specie con me e mio fratello).
Mia mamma era esattamente l’opposto. Pur essendo, all’occorrenza severa, (come quasi ovvio, quale figlia di un vecchio generale piemontese) era, ai miei occhi di bambino, quanto di più straordinario si potesse immaginare. Era dolcissima, intelligente, colta, con grande sensibilità e capacità artistica (aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti), di mente aperta e spirito moderno, durante la guerra aveva più volte, con eroismo silenzioso, salvato la vita a mio padre e sfamato noi bambini improvvisandosi “sarta” per le contadine del luogo (ma non l’ho mai vista piangere o lamentarsi).
Finita la guerra, nell’immediato dopoguerra, in cui non c’era veramente nulla, i nostri giocattoli più belli erano i rocchetti esauriti del filo per cucire,
In quel periodo era nata mia sorella, mio padre era stato richiamato in servizio e la vita riprendeva a sorridere, sia pure in condizioni modestissime.
A questo punto cominciò a manifestarsi un destino familiare tanto crudele quanto ingiusto. La mia mamma adorata nel giro di pochi giorni morì per una setticemia fulminante (allora la penicellina era cosa per ricchi ed in campagna non tutti i medici avevano un aggiornamento adeguato!)
Così rimasero nella solitudine un marito disperato e tre bambini soli e privi della cosa più bella. Io avevo 9 anni e mezzo, mio fratello 8 e mia sorella 18 mesi.
Quale ragione terrena o sovrannaturale può giustificare una perdita così straziante e ingiusta?
Siccome però per una forma di destino crudele questo lutto non sembrava abbastanza, a 29 anni ho perso un angioletto di bambina. Più tardi ho saputo che se fossi vissuto in America (o, di nuovo, fossi stato abbastanza ricco) avrei forse potuto salvare mia figlia. Nella dignità, ho fatto sacrifici e rinunce incredibili (in 10 giorni di clinica pediatrica “bruciavo” tutto il mio stipendio mensile di capitano) ed allora mi sono ripromesso che non sarei stato mai più povero.
Non bastavano però questi lutti, cui il mio cuore torna quasi ogni giorno. Dei tre lutti più gravi per un uomo restava il terzo. Ormai non mi mancava nulla (almeno delle cose che contano) e quindi il destino (?) ha voluto colpirmi di nuovo e, con un tumore al cervello, mi ha tolto la mia adorata moglie. Vivevamo sereni senza desiderare nulla di speciale e senza fare male a nessuno, appagati dal vivere assieme in armonia e come in simbiosi.
Questo è uno dei motivi (il principale) per cui sono stato sempre così poco incline a fornire a Lucio, (il nostro storico informatico di corso) mie infomazioni personali.
Lo strano è, invece, che così come la mia vita familiare è stata segnata da disgrazie e dolori (che può capire quasi solo chi li prova), la mia vita “pubblica” è stata segnata dalla “fortuna” e da successi incredibili (è quasi un romanzo in cui i problemi sono stati causati più che altro dai troppi successi, che a volte fanno perdere un po’ una esatta valutazione delle cose).
Dal termine delle elementari non sono più stato “capoclasse”. Questa non è stata sfortuna, ma può essere essenzialmente dovuta al fatto che ho sempre trovato al mio fianco ragazzi più in gamba e più intelligenti di me. Non è falsa modestia, è solo una onesta constatazione!
Se dovessi dare di me un sintetico profilo potrei dire che ho una grande tenacia e una grande testardaggine (le due facce di una stessa medaglia) che mi hanno aiutato a raggiungere tutti gli obiettivi che mi sono prefisso nella mia vita operativa.
Per una inclinazione non ben definita, da ragazzino mi sarebbe piaciuto seguire studi di agraria o di architettura, ma non ho dato molto peso alla cosa (anche perché il corso di architettura era infarcito di matematica (che io odiavo cordialmente) e solo …… più avanti negli anni ho superato questo limite psicologico e, più tardi ancora, ho compreso meglio queste tendenze (come si vedrà più oltre).
Per indole avrei potuto divenire un buon farmacista di un paese di montagna, che, ad una metodica e tranquilla vita professionale, avrebbe potuto abbinare la coltivazione di un orto/giardino con tante erbe medicinali e aromatiche e piante da frutto (da utilizzare anche in farmacia). Anche questa inclinazione è rimasta quasi latente per anni, per manifestarsi solo molti anni dopo (quando istintivamente ho seguito le orme di Cincinnato …. ).
A 15 anni sono entrato alla Scuola Militare della Nunziatella a Napoli ove ho frequentato i 3 anni del liceo classico. La vita è stata dura, ma niente di speciale, abituato come ero alla “scuola” paterna.
Il periodo trascorso alla Nunziatella rimane, nei miei ricordi, luminoso e positivo. Ho imparato molte cose utili per poter affrontare con più sicurezza i problemi e le difficoltà della vita. Ho acquisito più fiducia in me stesso e più abitudine a “sbrigarmela” da solo. Di certo ho perso qualcosa dell’adolescenza, rispetto ai miei coetanei “borghesi”, ma senza dubbio sono “cresciuto” molto di più e più in fretta.
Verso la fine del terzo anno avrei voluto far domanda per entrare all’Accademia Aeronautica, ma mio padre si oppose con “violenta” fermezza, dicendomi che troppi colleghi erano morti precipitando con gli aerei. Così riposi il mio sogno di occuparmi di aerei, e solo dopo anni il destino impresse una svolta (una di quelle che grandi o piccole hanno caratterizzato la mia “vita pubblica”) riportandomi ai miei sogni giovanili (anche se non al posto del pilota).
Così, ripiegati i miei sogni e “ le mie ali”, entrai all’Accademia Militare di Modena. Lì vissi i due anni più tristi della mia vita (escludendo i lutti familiari). Ero ovviamente già “rodato” dalla disciplina paterna e da quella della “solare” Nunziatella (che pure mi hanno aiutato non poco), ma ricordo come un incubo tanti aspetti, non ultimi il grigiore dell’ambiente, del clima e degli studi opprimenti. Ovviamente ho superato molto bene il biennio, più per la mia tenacia che per l’intelligenza (che, come si può intuire, è, tutto sommato, nella media anche se supportata da inventiva, ingegnosità e gusto per la progettazione, come ancora una volta si vedrà più avanti, se …. il lettore avrà ancora la pazienza di proseguire!). Ricordo infatti vari miei colleghi che riuscivano a seguire con profitto le lezioni, che riuscivano ad imparare con minore sforzo e che poi giustamente hanno fatto brillanti carriere.
Nominato Sottotenente di Fanteria, come tutti i colleghi delle Varie Armi, sono stato trasferito alle Scuole di Applicazione d’Arma di Torino. Lì la “musica” era cambiata e i due anni di Torino, per qualche strano “meccanismo” psicologico, si ricollegano a quelli vissuti a Napoli. Lo studio era molto pesante, ma ……… avevo un vantaggio. Essendo un “pompiere (sgobbone) costituzionale” potevo studiare meglio e di più di tanti miei colleghi (che avevano più distrazioni) e quindi mi fu possibile “risalire” molte posizioni. La cosa può non farmi molto onore, ma è la realtà.
A Torino, verso la fine del secondo anno, ho partecipato, con un numerosissimo e agguerrito gruppo di colleghi, ad una impegnativa serie di gare sportive (disputate da tutti con commovente lealtà) per entrare nel Corpo dei Bersaglieri. Il “solito” Franzolini era “sempre inevitabilmente” avanti a me ed anche qualche altro collega. Tutto è stato davvero entusiasmante. Credo che nessuno degli “ammessi” abbia gioito per essere stato ammesso a discapito di altri colleghi.
Il periodo trascorso, prima con le fiamme da bersagliere sotto il bavero e poi finalmente sul bavero, l’ho vissuto con grande entusiasmo e rimane tra i miei ricordi più belli (in ciò forse “supportati” dall’eccezionale vigoria fisica ….di quei tempi!)
Dopo aver frequentato il Corso Tecnico Applicativo alla Scuola Truppe Corazzate (altro periodo che ricordo con nostalgia) ho prestato servizio presso il 1° Reggimento Bersaglieri Corazzato come tenente e poi come capitano comandante di Compagnia Bersaglieri (grande cosa essere comandante di compagnia!). Forse altri colleghi e superiori erano più “vivaci” e brillanti di me, ma per carattere ero alquanto timido, riservato ed, al confronto, tranquillo e serio. In seguito , come si vedrà, ho dovuto far “violenza” al mio carattere per diventare quasi spavaldo, “aggressivo”, acquisendo fiducia in me stesso fino alla presunzione (in linea con uno dei Comandamenti del Decalogo di Papà La Marmora), ma questo vari anni dopo quando, lasciata (con rimpianto tuttora vivo) l’uniforme, ho dovuto confrontarmi (o scontrarmi) con il “mondo civile”.
Terminato il periodo di comando di compagnia, con mia grande gioia ed onore, sono stato “chiamato” alle Scuole di Applicazione di Torino (quale comandante di sezione, “aggiunto” di Automobilismo e Carrismo, istruttore di manutenzione carri, esaminatore di pilotaggio carri e di scuola guida ruotati, istruttore nella preparazione ginnica degli ufficiali aspiranti bersaglieri, membro della commissione degli esami di Chimica (una mia grande passione).
Attraverso questi molteplici e impegnativi incarichi ho avuto una grande e ingenua gioia: per un certo periodo tutti i subalterni dell’Esercito Italiano, che avessero frequentato le Scuole di Applicazione di Torino, sono stati in misura maggiore o minore miei allievi e spero di aver lasciato nei loro animi qualcosa di positivo.
Non ostante tutti gli impegni di servizio e i problemi di famiglia, ma anche grazie al livello culturale e intellettuale delle Scuole ed alla mia nota tenacia/testardaggine sono riuscito a riprendere gli studi ed a laurearmi in Fisica, indirizzo applicativo, Elettronica. Il mio amor proprio e la mia autogratificazione consisteva anche nel fatto di poter pensare (e dire) che ero il primo ufficiale in SPE dei Bersaglieri ad essersi laureato in una facoltà scientifica.
Far parte del Quadro Permanente delle Scuole è stato per me un grandissimo onore e fonte di grande soddisfazione, qualificazione e gratificazione personale.
Eppure, strano a dirsi, proprio alle Scuole è avvenuto uno dei cambiamenti fondamentali della mia vita.
Per una “divergenza” di opinioni con uno dei miei superiori più alti in grado e dove la mia ingenuità di “troupier” si scontrava con situazioni ai miei occhi “anomale” (da “borghese” ho poi visto ben di peggio, per cui la persona era meno di “un ladro di polli”) sono arrivato a ricordargli “che avevo una laurea nel cassetto”. E’ scoppiato un vero e proprio finimondo e la conclusione (triste) è stata che ho lasciato il servizio. Sono entrato in una società di avionica a lavorare nell’ambito del più importante programma aeronautico cui fino allora l’Italia avesse mai partecipato.
Strano a dirsi, seguendo le vie occulte del destino e con grande “incoscienza” ero tornato al mio grande sogno di ragazzo: gli AEREI.
Avevo lasciato una posizione di un certo livello professionale e di carriera ed ho ricominciato da capo, ma, superando con tenacia un “mucchio” di ostacoli, dopo qualche anno il 20% della società (costituita per la gran parte da ingegneri) dipendeva da me ed ero divenuto l’impiegato più pagato della società.
Devo dire che in quegli anni, a fianco di tecnici italiani, tedeschi e inglesi ho maturato grandi esperienze e conoscenze tecniche (di questo devo essere grato a quanti hanno avuto fiducia in me).
Qualcuno dei miei capi mi ha fatto “lavorare” molto di più di quanto mi competesse, ma gliene sono grato perché così ho potuto imparare di più, non solo nel mondo per me affascinante degli AEREI, ma anche nell’ambito delle problematiche amministrative e societarie, del settore commerciale, della gestione del personale, ecc.
Purtroppo con il passare degli anni la società stava sempre più passando nell’ambito delle Partecipazioni Statali, con l’inevitabile perdita di spirito competitivo e produttivo. Dopo aver avvisato che il persistere di questa tendenza mi avrebbe portato ad abbandonare l’azienda, ho attuato questo ulteriore salto nel ….. “nuovo”.
Ho fondato una società di ingegneria, con un … po’ (tanta) incoscienza e presunzione.
Ancora una volta questo “cambio” e la conseguente decisione si sono rivelati fortunati, anche se mi sono costati tantissimo in termini di impegno e di iniziali sacrifici economici.
Gli uffici (in affitto) di questa …. Società (inizialmente costituita da me e dalla segretaria) erano costituiti da 15 metri quadri, dal corridoio e dai servizi igienici.
Dopo 10 anni la società (divenuta nel frattempo la più grande d’Italia, nel campo delle sue attività, ed una delle più grandi d’Europa) contava oltre 110 dipendenti (di cui oltre 70 ingegneri tra elettronici, informatici, meccanici, aeronautici, elettrotecnici, civili) oltre un vasto indotto e
circa 5000 metri quadri di locali di proprietà.
Progressivamente ci siamo occupati di un gran numero di attività (progettazione, supporto ai progetti, studi di affidabilità e di criticità dei sistemi, supporto ai sistemi complessi, ecc.) in settori per me tutti entusiasmanti ed emozionanti (spaziale, aeronautico, navale, telecomunicazioni, radar, missili, informatica, ferroviario, trasporti terrestri – incluse Ferrari, Maserati ed Alfa Romeo – robotica, automazione, medicale, costruzioni autostradali, ecc.).
Inutile dire che i settori che più mi “piacevano” erano quelli spaziale (dove forse vi è ancora qualche satellite con a bordo degli apparati alla cui progettazione ho collaborato – in misura molto modesta - personalmente) e quello degli … AEREI (tutti gli aerei di progettazione italiana o di coproduzione europea tuttora in servizio presso l’Aeronautica Militare Italiana) e degli elicotteri.
Mi sono anche occupato di progettazione nel settore civile, soddisfacendo così un altro sogno giovanile. Posso dire che mi sono “divertito” a capo della Divisione Progettazione Sistemi come in poche altre situazioni della vita lavorativa.
Posso anche dire con grande soddisfazione che come capo d’azienda mi è stata di enorme supporto l’esperienza maturata nel corso della vita militare. Nessuno, che non l’abbia vissuto personalmente, può immaginare quale importanza diano l’esempio, il saper “soffrire” insieme, il poter “arringare” i propri ragazzi e ragazze con un “Gioventù!”, riuscire a capire i propri dipendenti meglio di quasi tutti i “civili” (specie di quelli che non hanno fatto nemmeno il soldato), saper “leggere” negli occhi dei giovani, dare un posto di lavoro qualificante ad oltre 300 giovani al primo impiego.
Ovviamente quando si cresce rapidamente, ci si occupa di un “mucchio” di cose, si ha successo, si lavora dalle 8-8,30 a circa mezzanotte anche per 3200 ore l’anno (la media delle ore lavorate è di circa 1600/anno), si rischia di divenire troppo fiduciosi in se stessi e gli esempi non mancano nella storia di tutti i tempi. Ad un certo punto ho dato eccessiva fiducia ad un’azienda, che progressivamente ci doveva somme sempre crescenti e che poi non ha più potuto pagarci.
Abbiamo dovuto cedere la maggioranza dell’azienda ma l’onore non è stato perso e nemmeno i posti di lavoro dei “nostri” ragazzi.
Dopo un po’ di tempo altra svolta “epocale” e me ne sono andato per poi ritirarmi come Cincinnato.
Altra e forse ultima(?) svolta: ho iniziato a progettare GIARDINI PENSILI (anche questo un ritorno alla giovinezza!): ho progettato le strutture in cemento armato e le ho fatte realizzare (il calcolo del “ferro” e delle misure di travi e pilastri li ho fatti ovviamente calcolare da un architetto abilitato e così pure ho impiegato un architetto per i successivi collaudi). Ho realizzato degli ottimi isolamenti termoacustici ed ho ideato e installato dei sistemi antiradici che finora hanno dato buona prova. Ho fatto portare 140 quintali di terra ed ho piantato una quantità incredibile di alberi, arbusti e piante da orto e da fiore, fra i quali trovo la tranquillità.
Fra i momenti di gioia vi è quello della vendemmia, della pigiatura (con le mani!), della fermentazione e del successivo imbottigliamento. Non usiamo mai pesticidi, veleni, anticrittogamici, rame. zolfo ed altri prodotti chimici e rispettiamo la natura, i nostri amici/nemici uccelli, che nidificano, ma anche “saccheggiano” la frutta, gli insetti impollinatori (che non mi hanno mai punto) e le tante bellezze della natura.
A questo punto mi fermo, perché altrimenti ruberei altro spazio alla giornalista Maria Rosaria Sannino (della Costiera Amalfitana) autrice dell’articolo allegato a queste mie “memorie”.
Abbraccio tutti voi che avete avuto la ….. forza d’animo di leggermi e vi……………….rinvio ad una prossima puntata (…….se mai vi sarà).