Imponente la partecipazione di parenti, amici, popolazione, Ufficiali e Sottufficiali. Presente una rappresentanza di ex-Allievi del 14° Corso dell’Accademia Militare, con il Consigliere militare del Presidente della Repubblica Gen. Rolando Mosca Moschini. Allestita in Municipio la camera ardente. Un Battaglione di formazione con Bandiera di Guerra e banda musicale ha reso i solenni onori militari. L’ultimo viaggio terreno nella bara trasportata su un affusto di cannone.
La prima sensazione è quella di avere avuto una visione, il timore è quello di essere o perlomeno di apparire irriverenti. Eppure Goffredo Canino, il “nostro” Tenente, il Generale che è stato al vertice dell’Esercito italiano, è riuscito anche in questa impresa: di concludere la sua vita terrena in modo davvero speciale, come speciale è stata la sua vita.
È stato del tutto normale arrivare ad Altofonte giovedì 10 aprile, giorno dei suoi funerali, con l’animo gonfio di dolore, con l’inconscio e irrazionale desiderio che fosse solo un incubo il fatto che se ne fosse andato per sempre, con un senso di grande, incolmabile vuoto. La prima sensazione di vivere un sogno la si è avuta nel momento dell’ingresso nella piazza centrale (che è poi anche l’unica) di questo grazioso, tipico e popoloso paesone siciliano, il paese natale di Goffredo Canino. Una piazza che due ore prima dell’ inizio delle esequie si stava già popolando di gente che non voleva mancare all’ appuntamento con l’ultimo saluto al cittadino di gran lunga più illustre di Altofonte, eppure un cittadino che aveva mantenuto saldi legami con la locale comunità.
La camera ardente, allestita nella sala consiliare del Municipio, è stata meta fin dalle prime ore del mattino di un incessante andirivieni di parenti di ogni grado, amici, conoscenti, ammiratori, Ufficiali, Sottufficiali. Il “nostro” Tenente riposava nella bara avvolta nel Tricolore, con la guardia d’onore di quattro soldati. Ai piedi del feretro, la sua fotografia in uniforme di Generale di Corpo d’Armata, la stessa con la quale ha voluto essere vestito per il suo ultimo viaggio terreno.
Chi si è irrigidito sugli “Attenti”, salutando militarmente il “suo” Tenente, per un attimo ha avuto la sensazione di poter cogliere un suo sorriso che traspariva dalla fotografia. Il suo classico sorriso, che emanava prima dagli occhi che dalle labbra. Un sorriso di approvazione, di compiacimento, di ringraziamento per quell’omaggio, di gratitudine per chi aveva voluto testimoniare ancora una volta il proprio affetto nei confronti di chi ne ha sempre dispensato a piene mani. E un sorriso di ringraziamento per chi l’aveva salutato a Sceaux e a Roma, e per tutti coloro che gli sono stati e gli sono vicini con il pensiero.
Poi, mano a mano che le lancette dell’orologio si avvicinavano all’orario previsto per le esequie, la piazza si riempiva di gente di tutte le età, di ogni condizione, con gli uomini dell’ordine pubblico messi in difficoltà dalla necessità di coniugare la presenza di questa fiumana umana con il mantenimento di un adeguato spazio libero per accogliere il reparto preposto agli onori militari.
Cioè un Battaglione di formazione, composto da una Compagnia del 5° Reggimento, presente anche con la Bandiera di Guerra, della Brigata meccanizzata “Aosta”, di cui fa parte anche la Banda che ha sostenuto l’accompagnamento musicale della cerimonia; una Compagnia del Reggimento di Cavalleria Lancieri “Guide” e una Compagnia del Reggimento Genio guastatori “Simeto”; a fianco e di fronte allo schieramento, una moltitudine di Ufficiali e Sottufficiali delle varie Armi e Specialità e le Crocerossine.
Sembrava che le emozioni non dovessero finire mai. Dopo l’omaggio nella camera ardente da parte dei più alti Ufficiali delle nostre Forze Armate, davvero numerosi, intervenuti alle esequie, l’applauso – meglio parlare di un’autentica ovazione – della gente, che ha assordato l’atmosfera per la sua intensità, nel momento in cui la bara è stata fatta uscire dal Municipio. Portato a spalla da otto militari e seguito da un caporale che reggeva il cuscino con il berretto, la sciabola e la sciarpa azzurra del Generale e da altri due soldati con una bacheca sulla quale erano state affisse le numerose e prestigiose onorificenze assegnate a Canino nel corso della sua lunga carriera militare, il feretro ha attraversato la piazza Falcone e Borsellino. Fatto entrare nella Chiesa Madre “Santa Maria” è stato poi sistemato sul catafalco allestito davanti all’altare maggiore.
Una chiesa raccolta e accogliente, nella quale – per le sue ridotte dimensioni - ha potuto trovare posto solo una minima parte di coloro che assistevano alla cerimonia funebre. Fra questi, gli immancabili del 14°, in rappresentanza di tutto il Corso : i siciliani Giuseppe Carruba, Enrico Frasca, Giuseppe La Bua, Luigi Mineo e Achille Ristagno e inoltre, provenienti da altre località d’Italia, Gianluigi De Stefanis, Giuseppe Galatà, Adalberto Occhinegro, Vincenzo Rossitto, Mario Sabatino e Giorgio Verbi. Di rappresentanza ufficiale era Rolando Mosca Moschini.
Parlavo di emozioni: come non provarne di forti, profonde, nel sentire le parole, nobili, toccanti, di grande impatto - soprattutto per chi ha sempre atteso e sperato nella riabilitazione “pubblica” dell’immagine del Gen. Goffredo Canino - pronunciate dal Vescovo mons. Marra, dal Gen. Antonio Caggese, dal Sindaco e dallo stesso Mosca Moschini, unitamente al messaggio di cordoglio del Presidente della Repubblica, i cui testi leggiamo in calce a questo articolo.
Ancora un applauso corale all’uscita dalla chiesa, per accompagnare il feretro che è stato sistemato su un affusto di cannone sul quale ha raggiunto il cimitero, accompagnato dalle note delle marce funebri eseguite dalla Banda musicale di Altofonte.
E un’altra emozione, l’ennesima: il corteo funebre avrà percorso due chilometri, forse più, per raggiungere il cimitero. Senza soluzione di continuità, perché dal momento della partenza del feretro l’intero percorso si è identificato con la lunghezza dell’imponente corteo, e con neppure uno dei tantissimi balconi delle case che si affacciavano sulla strada che non fosse occupato da gente che applaudiva, che dava il suo ultimo saluto al concittadino tanto benvoluto e stimato.
Non è autoreferenzialità per il Corso, ma solo una nota di cronaca che ancora una volta la dice lunga sui legami che ci sono sempre stati tra noi e il “nostro” Tenente: davanti al feretro ormai inumato e coperto dagli innumerevoli omaggi floreali (compreso il cuscino degli “Ufficiali del 14° Corso dell’Accademia Militare”) la signora Miranda, una delle due sorelle del Generale Canino, quando ha udito parlare del 14° Corso e ha visto le nostre cravatte azzurre, ha voluto abbracciare e baciare ognuno di noi: “Goffredo ha sempre saputo del bene che gli volevate, me ne parlava spesso, ma anche Lui ve ne ha voluto sempre tanto”.
Ed ecco il timore di apparire irriverente di cui parlavo all’inizio: è riferito allo stato d’animo di fine cerimonia. Ce ne siamo andati da Altofonte non in allegria, questo sarebbe stato impossibile, ma con l’animo sereno, sollevato, quasi gioioso per aver assaporato appieno la stupenda manifestazione di calore e di attaccamento che ha accompagnato l’ultimo saluto a Goffredo Canino: ha avuto tanto dalla vita, umana e professionale, ha seminato in maniera e misura ottimali, ha raccolto messi di affetto e di stima incredibilmente ricche e rigogliose.
Poiché ho vissuto questa esperienza in momenti quasi di sogno, mi è piaciuto sognare anche di sapere presenti alle esequie – naturalmente defilati – quanti hanno perseguitato Goffredo: non certo gli autori diretti delle calunnie, perché la loro presenza avrebbe ammorbato l’aria; ma i politici che allora non presero posizione; i vertici militari dell’epoca, che si guardarono bene dal prendere le difese del loro Capo di Stato Maggiore per non inimicarsi i politici; i magistrati, che non esitarono a fare la loro parte; i giornalisti che infangarono il Gen. Canino e che non hanno mai avuto non dico la coscienza, ma almeno lo scrupolo – umano e professionale – di rimangiarsi, o perlomeno di rettificare, il veleno che avevano versato a piene mani ai danni del “nostro” Tenente, procurandogli un’amarezza infinita. Ma dandogli anche la straordinaria forza di combattere per vedere riconosciuta la sua figura di autentico galantuomo e gentiluomo, sotto ogni punto di vista, di Ufficiale che anche nelle situazioni più difficili ha mantenuto la schiena sempre ben diritta.
Noi, che non abbiamo mai dubitato, neppure per un secondo, della sua statura di uomo e di soldato e siamo sempre andati fieri di Lui, possiamo dormire sonni tranquilli; ma non è detto che altri – quelli che ho appena nominato – riusciranno a fare altrettanto.
Mi rendo conto, al termine di questo articolo/ricordo/cronaca, dell’inadeguatezza del mio scritto, dell’incapacità di descrivere adeguatamente le esequie del Gen. Goffredo Canino. Mi consola un po’ il fatto che la grandiosità delle cerimonia funebre è …indescrivibile.
Riposa in pace, Tenente Canino, sappiamo bene che lo potrai fare in grande serenità: per la bontà e la generosità che hai sempre dimostrato e dispensato; per l’onestà di sentimenti e di comportamenti; per la schiettezza e la pienezza dei Tuoi affetti; per la dirittura morale che Ti è stata sempre maestra di vita; per le amorose attenzioni di cui hai circondato la Tua dolce consorte Monique; per il sincero attaccamento che hai sempre nutrito per i tuoi fratelli e sorelle e per tanti altri Tuoi parenti; per l’entusiasmo, il sostegno e la competenza che hai profuso a piene mani per il nostro Esercito; e anche per i preziosi insegnamenti che ci hai sempre regalato e che non potremo né potremmo mai scordare.