La pagina personale di
Vito Volpe



Mio padre ha sempre amato studiare, tanto da riuscire a “saltare” ben 2 anni nella sua carriera scolastica. Onestamente era bravissimo in qualsiasi disciplina cui si applicasse : chi lo ha rappresentato nel Volume “Mac p 100” è stato geniale, perché ha colto la sua essenza ... lui in mezzo ai libri e in toga classica.
Ma ho sempre pensato che questa sua voglia di studiare sia stata anche incentivata dall’assoluta determinazione di lasciare “la terra”, insomma di emanciparsi. Senza volergli detrarre niente, ovviamente.
Per cui, dopo il Liceo Classico, si iscrisse a Ingegneria all’Università di Bari, per venire a scoprire casualmente dopo qualche mese che le lauree conseguite in quell’ateneo ed in altri del sud, pareva non fossero riconosciute a livello nazionale. Siccome era un tipo previdente e molto concreto, mollò immediatamente e andò a fare il militare come ufficiale di complemento, in attesa di sapere l’esito del concorso per l’Accademia, valida ed “economica” alternativa agli studi universitari canonici di carattere scientifico (e quindi pratico: con la Classicità, secondo lui, non arrivava il pane), suggeritagli da uno zio ufficiale. L’esito arrivò positivo e gli consentì l’accesso a Modena insieme al quattordicesimo corso, in particolare nel Corpo Automobilistico.

Durante l’Applicazione, conobbe mia madre ad un festa nel paese di lei, distante un paio di chilometri dal suo, giù in Puglia. Non si incontrarono più per molti mesi, ma in capo a un paio d’anni si sposarono. Il loro amore e la loro unione sono stati e sono l’Esempio per noi 3 figli.
Da allora hanno fatto 17 traslochi e mia madre lo ha seguito quasi sempre. Nel ’63 era a Milano, dove è nato mio fratello Raffaello, nel ’64 a Padova dove è nato Alessandro, ora Ten. Colonnello dei Carristi, nel ’66 a San Giorgio di Nogaro e questo è il motivo per cui io sono nata a Udine. Da allora niente più figli, ma altri trasferimenti, decisamente sì: Bari, poi Roma dal ‘72, dove ha occupato diversi incarichi a più riprese tra la Scuola Applicazione, lo Stato Maggiore e il Ministero. Questi anni sono stati intercalati dal comando a Belluno, tra l’80 e l’83, dove noi non ci spostammo, perché andavamo tutti al Liceo, ma dove lo raggiungevamo appena possibile, il comando della ORE di Cagliari e poi l’ultima sede lavorativa, a Treviso.
Dopo la quiescenza col grado di Maggior Generale, ha “continuato” la vita militare, collaborando attivamente per quasi 15 anni alle attività della presidenza dell’A.N.A.I., l’associazione degli Autieri, fino a diventarne Vice Presidente.

Nella vita professionale ha avuto molti momenti esaltanti, ma quelli forse più incisivi, sono stati gli anni in cui è stato direttore dei Corsi alla Scuola Applicazione, quelli del comando del Battaglione Logistico Toigo, con gli Alpini della Brigata Cadore.
Tra i momenti negativi, c’è stato sicuramente quello in cui non è riuscito definitivamente a fare il secondo anno di Scuola di Guerra, traguardo numericamente parti-colarmente difficoltoso per gli Automobilisti:

       

sperando di sopperire a questa lacuna della sua carriera, mio padre si è laureato in matematica alla Sapienza quando io avevo 12 anni e a chi mi chiedeva “ma cosa fa un militare?”, io rispondevo: “Non lo so, ma di certo un militare è uno che studia sempre”.
Ovviamente quella laurea non è affatto stata “equipollente” a quel mitico secondo anno mancato, che è rimasta un po’ la sua maggiore amarezza professionale, ma la stima che ha sviluppato in tut

ti noi familiari e forse anche in altri, vale più di ogni altra cosa.
I valori di mio padre erano lo studio, il rispetto, l’obbedienza e la dedizione, era un uomo d’altri tempi, lo dicono ancora tante persone che lo hanno anche solo incontrato marginalmente, non è solo un mio immodesto pensiero di figlia.
Il nostro edicolante, per esempio, ha raccontato dopo la sua morte, che quando la mattina scendeva a comprare il quotidiano ed era così presto che le cordicelle tagliate dei pacchi di giornali erano ancora per terra, lui, silenziosamente, si piegava a raccoglierle. Oppure, quando il parroco, durante la benedizione negli appartamenti della zona, chiedeva una compagnia nelle scale vicine, per raggiungere meglio il concetto di “Chiesa”, lui diceva: “Certo,vengo io”.
Ma fondamentalmente era uno “per gli altri”, sempre, ed una testimonianza è stata il suo funerale : raramente ho visto tanta gente per una persona “comune” e di una certa età. Era per “gli altri”, anche nel senso civico del termine, fino a limiti, diciamolo pure, quantomeno azzardati.
Tipo la volta in cui l’inquilino del terzo piano aveva chiuso la porta con le chiavi dentro, ma la finestra del balcone aperta…per fargli risparmiare le 50.000 lire dei pompieri (ma anche altro!) lui si calava dal quarto piano, mentre il padrone di casa stava a guardare ! Oppure quando, mentre si andava al mare a Margherita di Savoia, scese dalla macchina senza pensarci 2 volte per aiutare i carabinieri ad acchiappare un malvivente in fuga, riuscendoci! Noi, allibiti dentro la macchina in coda con le altre ferme sotto la calura estiva e le teglie di pasta al forno nel bagagliaio insieme ai secchielli e alle palette!

Ma, grazie al cielo o forse a mia madre che per una volta riuscì a impedirglielo con un calcione, non tentò sortite strane mentre erano faccia a terra durante una rapina in banca a Roma, dove erano andati per chiedere il mutuo per la casa! Che auspicio era quello ?! Bho?! Insomma era un tipo concretissimo e mia madre si è annoiata raramente…..
Papà era per l’amicizia e, anche se negli ultimi anni era diventato un po’ più orso, due amici, in particolare, sono rimasti sempre un punto fondamentale ed una presenza costante: Sergio Loffredi e Ignazio Aronica, per chi non lo conoscesse, un collega del 13° Corso. Le famiglie di entrambi sono assolutamente care anche a noi. Di famiglia.
Con la maturità, forse per chiudere un ciclo o sciogliere un nodo, chissà, mio padre ha scoperto l’amore per la terra e si è sfogato come un ragazzino affamato, aiutando appena possibile mio fratello Raffaello che vive in Puglia e ha un paio di fondi, coltivati principalmente a uliveto.
Ecco, ho lasciato per ultima la cosa più importante, il valore più sacro che ha cercato di insegnarci con le parole e con l’esempio: l’amore per la famiglia tutta e la condivisione con essa. Innanzi tutto, mia madre e noi figli, oltre ai figli “acquisiti”, ma anche i genitori, i fratelli, i cognati, i figli dei fratelli .. Il messaggio era sempre quello : FAMIGLIA COME LINFA, BENE PREZIOSO E IRRINUNCIABILE.
A coronamento di questo, papà ha avuto la fortuna di avere almeno 3 nipoti ed è stato per loro, lo dico davvero senza retorica, un nonno eccezionale.

In particolare con i miei figli, Alessio che ha quasi 18 anni e Irene che ne ha 15, che sono i più grandi e che gli abitavano di fronte, lui è sempre stato disposto a farli giocare, ad aiutarli nello studio, ad ascoltarli e a prenderli e portarli ovunque servisse. Soprattutto con Irene c’erano una complicità e un’intesa che andava oltre ogni logica razionale. Con Alessio faceva grandi discorsi e a lui, tra le altre cose, ha trasmesso l’amore per le origini, per la terra e quindi per la bellissima Murgia.
Sette anni fa è arrivata anche Lavinia, la figlia di mio fratello Raffaello, ma ha conosciuto poco questa terza nipotina e, soprattutto, a lei si è potuto dedicare diversamente.
E’ andato “avanti” mentre aveva ancora molto da dare a tutti noi, ma ci ha insegnato tantissimo fino alla fine, anche nell’accettazione della malattia e della morte.
E questo è, credo, quello che ci auguriamo tutti, di lasciare un segno indelebile, degli insegnamenti, L’ESEMPIO.
Finché questa eredità, che molti di noi hanno già ricevuto, rimarrà dentro di noi, i nostri cari andati "avanti" prima .. saranno “SOLO” andati "avanti" prima, appunto.

Annalisa Volpe


Poesia del nipote Alessio per un concorso scolastico, scritta a quindici anni, nel 2010, meno di 2 anni dopo la morte del nonno.