E sento una voce

Poesia di Francesco Caporale (Ciccio il Bruzio)



E forse fu il sorriso
L’atteggiamento pudico
Lo sguardo malizioso,

O forse la voce suadente,
Il lento incedere elegante,
Il gesto gentile un po’ ammiccante,

O i neri capelli
A volte biondi, un po’ ramati
Simili ai colori d’autunnali prati,

O le labbra rosse,
La candida pelle, le garbate mosse:
L’amore, sempre, la sua trama tesse;

Ed il tempio
Suggellò sì appena sussurrati
Tra austere navate con i santi un po’ accigliati.

Così inizia il peregrinare,
Di città in città, di casa in casa
Con la paziente sposa:

Tornava a tutte l’ore
Ma non era per un insano vizio
È ch’era sempre ufficiale di servizio,

A volte teso..
Ma quando lei poneva le sue mani sul suo viso
Tutto finiva in un sorriso.

Non l’ha dato la domestica fissa né ad ore
Né la villa .. né un baffuto autista
In compenso lui era bello a tutta vista.

Ogni tanto lei si sentiva offesa
E nella dignità lesa
Perché lui distratto.. dal fiorire d’una rosa..

Poi vennero le doglie
E sono momenti in cui l’ansia l’animo ti coglie
E nacquero figli e figlie.

La memoria, a volte,
Tira brutti scherzi e la storia si contrae:
La vita scorre come in una fuggevole visione:

Ed ecco che lui si ritrovò qualche ruga sparsa,
Incredulo ascolta una vocina che lo chiama nonno
E pensa.. sarà un bizzarro sogno:

S’alza dal letto
Con movimento lento e fare circospetto
E sente.. vai a fare il caffè.. vecchietto

Il bruzio

 

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