Nato a Napoli il 23 giugno 1936 in via Monte di Dio (vicinissimo alla Nunziatella dove mio padre prestava servizio), trascorro l'infanzia tra i mille pericoli che la guerra offriva giornalmente alla Città. Ricordi confusi e tormentati per quindici ore al giorno di bombardamenti vissute in ricoveri di fortuna. Ne esco indenne e inizio le elementari con due anni di ritardo alla riapertura delle scuole.
Ricordo bene il cioccolato e il pane bianco mangiati la prima volta, la cocacola e tutto quanto portato dagli alleati e che per me era il paradiso.
Fanciullezza normale: allora si apprezzava tutto quanto di nuovo arrivava. Terminate le scuole medie, mio padre pensò bene di affidarmi a mio fratello, che viveva in Inghilterra, perché imparassi l'inglese. E a Portsmouth frequentai il ginnasio rimanendovi per oltre due anni.
Al rientro (non avevo studiato il latino) mi aspettavano le scuole tecniche commerciali, e intanto già coltivavo l'idea di entrare in Accademia, anche su suggerimento continuo e a volte assillante di mio padre che voleva vedere almeno un militare tra i 14 figli avuti .... ! lo ero il 13°. Purtroppo non riuscì a vedermi in uniforme poiché morì nell'anno in cui mi diplomai in ragioneria e partecipai al concorso per Modena.
Modena, esami orali e prova di vestizione. Poi a casa in attesa del telegramma fatidico, che arrivò puntualmente in ottobre. Torno a Modena, impacchettato con gli altri colleghi e spedito a Sassuolo per il primo duro periodo di aspirantato.
Primo collega col quale divido il biposto è Marcello Mazzone, il quale mi propone una furbata: alzarci un quarto d'ora prima della sveglia per usufruire dell'acqua necessaria a lavarci (quando si aprivano tutti i rubinetti dell'impianto idrico bisognava accontentarsi di qualche goccia ..) e poi per essere i primi all'adunata. Il primo giorno andò bene; il secondo incappammo nell'Ufficiale di Picchetto che ci rimandò, puniti, in branda. Chissà se il buon Marcello ricorda questo episodio.
Lo stress fisico in quei primi giorni di addestramento era notevole: qualcuno affermava che a distruggerci in quel modo era il bromuro che ci somministravano a mensa.
Cominciammo a conoscere i nostri Ufficiali di Compagnia: i tenenti Ghio, Scalzo, Canino, Paolini e il capitano Ricci; col passare del tempo ci rendemmo conto che erano i migliori: severi ma giusti e preparati. Ugo Ricci una quercia.
I giorni del campo invernale volarono e ci ritrovammo in Accademia di fronte ad una ...
dura realtà. Il Cortile d'Onore metteva soggezione, la scritta "Divorare le lacrime in silenzio, donare sangue e vita, questa è la nostra legge e in questa legge è Dio" intimidiva non poco.
Ci subissarono di sinossi, tanto che non sapevamo dove metterle. La reazione fisica, lo studio, le corse, le adunate, la doccia (sempre fredda), la sveglia che iniziava venti minuti prima col fruscio dell'impianto di amplificazione, il maneggio, il cubo al "letto", la rivista mattutina al corredo, l'incubo di interrogazioni e accertamenti, e sopratutto gli ANZIANI, ai quali non si finiva mai di pagare da bere. Finalmente ci fu la vestizione con l'uniforme storica e le vacanze di Natale, che determinarono la fine dell'aspirantato e la qualifica di Allievi.
Al rientro a Modena, solo pompa e pochi svaghi. La Città non offriva molto, le libere uscite erano rare, l'uniforme storica limitava le nostre azioni.
Un sabato sera mi preparavo per la libera uscita quando una voce squillante attraverso il diffusore mi invitò dall'Ufficiale di Picchetto; mi precipitai nel cortile
Giulio Cesare sicuro di poter ritirare la solita raccomandata, ma non c'era posta.
Era il Tenente Canino che, di servizio, mi chiamava per dirmi che avendo chiesto di partecipare al concorso per la Scuola di Guerra, aveva bisogno di ripetizioni di inglese, lingua che non era il suo forte.
Addio ore libere! ... ogni occasione era buona per convocarmi a lezione. L'insegnamento proseguì per tutta la durata del corso: al campo durante le marce, dietro di lui, prima col secondo plotone della quarta compagnia, poi con la quarta sezione, lo interrogavo continuamente. Aveva una volontà ferrea. Imparò subito l'inglese anche se con accento e desinenze particolari. Posso dire di aver contribuito al suo ingresso alla Scuola di Guerra. E ogni qualvolta l'ho ritrovato nel corso della carriera militare, col grado di Colonnello, Generale dei tre gradi e da Capo di SME, mi ha sempre e solo parlato in inglese, anche quando da Comandante della Regione Militare Tosco Emiliana mi convocava (ero suo Direttore di Amministrazione) per motivi di servizio.
Ma non fu il solo; altri Ufficiali e soprattutto il nostro caposcelto Ercole Di Gennaro, mi portavano via le ore libere per lo stesso motivo: ripetizioni di inglese. Quando
godevo di un po' di libertà, trascorrevo il tempo con i colleghi ai quali ero più legato e che ricordo sempre con grande affetto: Giuseppe Cordova, Alfredo Pansini (cugino di mia moglie), Tony Longobardi, Giuseppe Ferrante, Marcello Mazzone, Salvatore Grenci, Gennaro Salvato, Alberto Di Fenza, Romualdo Manferlotti, Michele Bellofatto, Albano Crisanaz, e altri.
Le foto che potete vedere nell'album, rinnovano in me ricordi incancellabili.
Sempre al servizio del nostro caro Cappellano, don Lino Girardi, guadagnai l'appellativo di Il Don Candela Il col quale fui immortalato nel numero unico.
E così le giornate che sembravano interminabili, volarono via. Preparazione per il Mak pi 100, conferenze in inglese alle quali ero comandato e che mi sottraevano il meritato sonno, l'accompagnamento degli allievi olandesi in giro per l'Italia, le prove di vestizione dell'uniforme da Ufficiale presso l'Unione Militare, e tanto altro.
Dopo il Mak p 100 e il ballo in Accademia, al quale partecipò la mia fidanzata Edy, gli esami, la gita d'istruzione a Roma con la sezione amministratori, la sfilata a Firenze per la nascita della Regione Militare Tasca Emiliana, e finalmente il campo estivo dove demmo sfogo alle tensioni accumulate in due anni di vita militare ma sempre con la preoccupazione di far bene per meritare un buon voto in attitudine militare.
Commozione e qualche lacrimuccia all'ultimo "silenzio" fuori ordinanza e all'ultimo pranzo in Accademia, quando il Capitano di Ispezione ci congedò con « I SIGNORI UFFICIALI SONO IN LlBERTÀ»
Conservo ancora in un baule in cantina il Kepì e l'uniforme storica invernale ed estiva. Lo spadino fa bella figura in salotto tra altri ricordi di vita militare.
Il baule spedito dall'Unione Militare di Modena con le uniformi da Ufficiale arrivò a fine agosto a Napoli e io indossai subito quella estiva per la prima passeggiata in Via Caracciolo da Sottotenente, con la mia Edy. E arrivò anche il telegramma di assegnazione: presentarsi il 10 ottobre 1959 al Distretto Militare di Salerno con l'incarico di Ufficiale Pagatore. Non fu un bell'impatto: l'Ente soffriva ancora dei danni della guerra, con una moltitudine di Ufficiali e Sottufficiali senza incarichi e senza motivazioni che vivevano una situazione di grave disagio. Il loro disagio era anche il mio. Il trasferimento a Torino, sede ideale allora per giovani ufficiali, mi ridette grinta ed entusiasmo.
In quei dieci mesi trascorsi a Salerno, con viaggio in treno di andata e ritorno giornaliero da Napoli, a metà strada della tratta e cioè a Nocera Inferiore, mi affacciavo al finestrino e salutavo sul treno che veniva in senso opposto, il collega Antonio Mangino che, di Salerno, era stato assegnato a Napoli.
E ci facevamo coraggio a vicenda ...
La mia vita da Ufficiale va di pari passo con quella matrimoniale. Sposai Edy poco dopo il compimento del 25° anno, il 29 ottobre 1961. Tre figli Cinzia, Stefano e David nati rispettivamente nel 62, 64 e 68. Dei due maschi nessuno ha optato per la vita militare, peccato. In compenso mia figlia Cinzia ha sposato un Ufficiale del 162° corso, ora colonnello, Luigi Marucci, in servizio all'Istituto Geografico Militare, il quale ha organizzato la visita dell'Istituto per gli ex del 14° in raduno a Firenze nel 2015.
I colleghi del 14° incontrati nel corso degli anni sono stati tanti. Con molti ho avuto rapporti di servizio e, quando l'incarico ricoperto me lo ha consentito, ho dato con grande gioia e soddisfazione una mano per risolvere problemi. I colleghi coi quali ho avuto rapporti di servizio sono stati Mori, Caporaso, Renzi, Macchiesi, Orofino, Caldarella, Caporale, Paganucci, Lo Marco, Ardito, e Tullio Ferro.
Colleghi da spiaggia ..... Petrosino e Ursillo, assidui frequentatori come me della Base Logistica di Milano Marittima.
E devo ricordare che il nostro Capocorso Bruno Zoldan non mi ha fatto mancare il suo aiuto quando mi sono rivolto a lui.
Dei nostri Ufficiali d'Accademia, oltre al Gen. Canino, ho avuto il Col. Felice Scalzo come Comandante quando ero in servizio alla Scuola Sottufficiali Carabinieri di Firenze.
Di tutto quanto detto, rimangono solo ricordi. Spesso nei sogni riappaiono superiori, colleghi e collaboratori avuti in tanti anni di vita militare. Ci riconosceremo al sessantennale? Per ora mi godo i nipoti che sono Luca (1986), Laura (1988), Giulia (1993), Simona (1995), Flavia (2006) e Serena (2011). Queste ultime due impegnano Edy ed il sottoscritto molte ore al giorno. Serena, cinque anni, mi comanda a bacchetta e mi ricorda i Superiori d'Accademia ...!