Carissimi,
é tanto che vorrei scrivere per il nostro sito. Vorrei però scrivere qualcosa all’altezza di quanto l’appartenenza al nostro Corso e la scelta di vita di entrarvi contano per me. Ho un ottimo ricordo e legame anche con il mio Corso di Scuola di Guerra, il 94°.
L’Accademia ha però una parte fondamentale nei ricordi, anche perché emblematica di una scelta di vita che ripeterei più o meno nello stesso modo e che mi ha dato tante soddisfazioni. La maggiore è quella di avermi consentito di servire in qualcosa in cui continuo a credere. A Modena, dove avevo vissuto appena nato,quando mio padre comandava un plotone allievi, sono tornato nel 68, quale comandante di compagnia, per ripartire nel 69 per la Scuola di Guerra.
I miei primi ricordi sono del 1940, quando mio padre frequentava quest’ultima.
Sto parlando di ricordi, com’è naturale alla mia età. Sarebbe naturale che, da bravo pensionato trovassi il tempo di descriverli adeguatamente. Purtroppo non è così. In linea infatti con le motivazioni che avevano indotto non solo me ad entrare in Accademia e godendo ancora, grazie a Dio, di buona salute, mi sono impegnato in attività di volontariato. Le cose che mi richiedono un impegno maggiore sono, nell’ordine, il sostegno alle residue, o meglio rinate, realtà italiane in Dalmazia e l’attività nell’Associazione Nazionale Bersaglieri.
Sono impegni che mi danno la soddisfazione di sentirmi utile, direi come prima.
Quasi una nuova vita che ho intrapreso grazie alla precedente vita militare.
Per quanto riguarda la Dalmazia, comincerò il discorso dal 2 novembre 1990 quando, a Zara per visitare la tomba di famiglia, mi resi conto che la storia offriva la possibilità di fare riemergere quel minimo di italianità rimasto dopo 46 anni di persecuzioni e di oppressione.
Riuscii poi a ritrovare ed a portare nella tomba di famiglia di Zara le ossa di mio nonno materno, morto quale detenuto politico nel 1948 nel carcere di Stara Gradiska, in Slavonia. Un’impresa la cui riuscita ebbi la sensazione che avesse del prodigioso, e che quindi mi ha lasciato un coinvolgimento particolare.
Ricevetti poi l’importo che ricevono per rimborso i familiari che riportano in Patria le ossa dei soldati caduti.
Un importo simbolico, per me di un altissimo valore morale. Era infatti il primo riconoscimento ufficiale per la vita di mio nonno, vissuta e finita per l’Italia.
Fu un’idea di Carlo Emanuele Impavido, allora al Commissariato Generale Caduti in Guerra, per la quale gli sono immensamente grato.
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Grazie ad una recente legge, il 10 febbraio del 2007 il Prefetto di Padova mi ha consegnato, nell'ambito di una solenne cerimonia, una medaglia ed un diploma in memoria di mio nonno.
Alla fine del 1991 mi offrii per la Missione di Osservazione europea in Jugoslavia, allo scopo di andare in Dalmazia. Riuscii ad andarci nel giugno del 92, per 4 mesi, grazie anche all’aiuto di Bruno Zoldan e di Gianni Monti, che mi aveva preceduto nella Missione. In quel periodo nacque la Comunità degli Italiani di Spalato (quella di Zara l’aveva preceduta di qualche mese).
Grazie alla migliore conoscenza della situazione recente, una volta andato in congedo nel 1994, ho avuto dall’ Associazione dei Dalmati Italiani nel Mondo “Libero Comune di Zara in esilio” l’incarico di “assessore” ai rapporti con le realtà italiane rimaste in Dalmazia. È un impegno che costa, in denaro ma molto di più in tempo, ma che dà soddisfazioni. Dal 1994 sono infatti nati in Dalmazia, grazie alla collaborazione degli esuli, le Comunità degli Italiani di Veglia, Cattaro e Lesina e i Comitati della Soc. Dante Alighieri di Zara, Spalato, Ragusa e Cattaro. Piccoli risultati, se vogliamo, rispetto a quelli che sarebbero auspicabili, ma proprio per questo maggiormente importanti.
Nell’Assoc. Naz. Bersaglieri, sono stato prima presidente per la provincia di Padova, poi per il Veneto. Si trattava però di un impegno notevole, dal momento che il Veneto nell’A.N.B. è la seconda Regione con circa 100 Sezioni e 4500 soci. Aumentando gli impegni in Dalmazia ho quindi preferito diminuire l’attività divenendo vicepresidente regionale.
Un mio libro su “I bersaglieri in Dalmazia e il battaglione bersaglieri Zara”, già pubblicato da un piccolo editore nel 2000, sarà ripubblicato nel 2007 leggermente ridotto (a circa 160 pagine) nel volume “Studi storico-militari” del 2004 dell’ Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’ Esercito.
Quindi Dalmazia e Bersaglieri, due realtà con forti legami. Basti pensare che i primi nuclei di bersaglieri non in servizio, antesignani dell’attuale A.N.B., sono nati in Dalmazia nel 1871, precedendo di 15 anni quelli nati nel Regno d’Italia. Naturalmente si trattava di sudditi austriaci che non avevano potuto prestare servizio nei bersaglieri. Mio nonno materno, del quale ho scritto più sopra, faceva parte, sotto l’ Austria, della fanfara dei bersaglieri di Zara.
Ho parlato poco del periodo più importante della mia vita: la vita militare. Si tratta comunque della vita che, sia pure con varianti, conosciamo tutti. Con le sue soddisfazioni ma anche con le sue difficoltà. È la vita che abbiamo scelto e che ci era promessa dalle lapidi esistenti in Accademia, quale quella che parlava di "divorare lacrime in silenzio".
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Ricordo che, quando ero in Accademia nel 1968, le lapidi, seguendo l’andamento di quegli anni, erano state tolte perché ritenute “retoriche”.
Era poi stato chiesto agli allievi di presentare valutazioni e proposte sull’Accademia. Gli scritti dovevano essere anonimi. Avrebbero quindi potuto contenere tutte le critiche possibili, comprese le più distruttive. La proposta più frequente fu invece quella di rimettere quelle lapidi, come ritengo sia avvenuto. Spero che siano rimaste e che si sia conservata il più possibile quell’etica militare dei nostri tempi, che nel nostro Esercito aveva una lunga tradizione. Era quella che avevo imparato da mio padre. È quanto spero di vedere nel nostro Cinquantennale.
Dal momento che ho scritto di me e della mia vita, non posso non citarne una parte fondamentale della quale sono veramente soddisfatto: la mia famiglia.
Comincio con il citare mia moglie Maria Luisa Galzigna (di antica famiglia dalmata e sorella di un nostro collega del 12° Corso) che ha sempre condiviso con me quanto ho fatto e quanto faccio.
Cito poi i miei figli: Marco, Nives con il marito Pietro e la loro figlia Paola (i nonni capiscono quanto sia importante) e Fabio con la moglie Saida.
Avevo cominciato a scrivere qualcosa per giustificarmi del mio lungo silenzio. Mi accorgo di avere scritto anche tanto, forse troppo, ma nulla di organico. Mi verrebbe da rinviare ancora, ma non so a quando.
Ma penso che in fondo ho scritto una lettera, così come viene e come si fa con amici con i quali si può aprire il proprio cuore perché si condivide il modo di sentire. Penso quindi che, almeno per il momento possa andare bene così.
Arrivederci per il Cinquantennale !
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