Il mio mondo sottile spiegato a me stesso
Saggio di Arturo Tornar






Guardo agli ultimi anni della mia vita e cerco di comprenderne il percorso emozionale che, peraltro, sto ancora esplorando. Ho dovuto rivolgere la mia attenzione sul “protagonista vivente” e osservare. Spesso ero io stesso, spesso altre persone …
Mai ho vissuto in uno stato di sensibilità tanto particolare e profondamente ragionato come in quell’ arco di tempo; l’ho attraversato e percorso in lungo e in largo nel silenzio e in piena coscienza, scrutando e ragionando.
Ho guardato e osservato attentamente, studio ancora e approfondisco rivolgendo l’attenzione anche alle leggi fisiche e alla fisiologia.
Sono regole intuite dall’uomo che le ha” montate” con le ricerche effettuate e la sua intelligenza ma sono solo indicazioni che potrebbero anche evolversi e portare a un traguardo, qualunque esso sia, che le ulteriori conoscenze potrebbero variare. Ho cercato in ogni modo di trovare una giustificazione logica alle strane e per me straordinarie esperienze/visioni di cui sono stato protagonista cercando di trovarne la chiave di lettura. Mi sono immerso nella parte più “antica” della polverosa “cantina” del mio cervello per ritrovare limbiche emozioni e ricordi lontani, ma tutto è stato inutile.
Ho compreso che l’abitudine a ragionare in modo positivistico, non porta mai a un risultato coerente abbastanza stabile; se si allenta anche per un attimo la costante ricerca di spiegazioni evolute, tutto si ritrae e si torna all’origine. La tensione spirituale deve essere continua e naturale nella speranza/convinzione della “irrealtà terrena”, perché la “realtà” appare insufficiente per una mente aperta che vuole approdare alla scoperta dell’anima attraverso una Conoscenza più elevata.
Il punto di vista più veritiero è per me sempre quello della psiche, della spiritualità che è in ognuno, e delle indicazioni del Signore.
Per tal motivo, durante la sofferenza mia e di altre persone, quando ho visto costantemente il simbolo del Crocefisso sul muro delle stanze del dolore, non ho inteso più accettare solamente la nuda realtà terrena che conoscevo ma ho considerato in modo più maturo la dottrina cristiana.
L’Esempio denso di bontà, ci viene dall’Alto. Tutto, quindi, si è dissolto e ho considerato quanto l’ignoranza dell’Uomo che ha privilegiato il male, sia stata umiliata e contrastata con semplici ATTI D’AMORE sottesi a un disegno divino compendiato nell’Obbedienza, e quindi, nell’Annunciazione, nella Incarnazione, nella Predicazione, nella Grazia, nella Passione, nella Morte, nella Resurrezione e nell’ Ascensione, cioè nell’ Immortale.
In particolare la mia mente ha riflettuto e considera in ogni momento che per Cristo, vero Dio e vero uomo, ci fu la calunnia, la tortura, il calvario e il sacrificio supremo sulla Croce … e sul Golgota l’ultimo incontro del Figlio di Dio con sua Madre Maria. Momenti tragici e sublimi perché solo l’amore di un Dio può arrivare a donare tanta propria sofferenza, incarnandosi per redimere l’umanità dal male, e quello di una Madre, per scelta divina generatrice di Dio stesso, capace, per obbedienza, di dilaniare il suo sentimento affettivo verso il Figlio terreno vedendolo martirizzato lungo una Via Crucis voluta dall’ignoranza.
Momenti tragici e sublimi perché solo l’amore di un Dio può arrivare a donare tanta propria sofferenza, incarnandosi per redimere l’umanità dal male, e quello di una Madre, per scelta divina generatrice di Dio stesso, capace, per obbedienza, di dilaniare il suo sentimento affettivo verso il Figlio terreno vedendolo martirizzato lungo una Via Crucis voluta dall’ignoranza.
Ne traggo la conclusione che la spinta spirituale che ha preso completo possesso della mia mente, pur se inestricabilmente connessa agli eventi, è stata benefica nel farmi riflettere sull’importanza dei valori cristiani che hanno dissolto paure e dolori amplificando i sentimenti nobili.
Nella mia esistenza, le emozioni sono state tante come anche i momenti amari. Naturalmente li considero numerosi e importanti riferendoli al mio modo di sentire, alla mia natura, all’indole che fa parte del mio Ego, all’educazione ricevuta e alla professione che ho svolto. In parole povere, li riferisco alla mia personalità che reagisce agli stimoli con una risposta che è solo mia.
L’evoluzione o meglio la maturazione spirituale la considero ben lontana dalle teorie scientifiche che, approfondendo i meccanismi fisici senza, peraltro, arrivare mai alla meta, si arrotola su se stessa sempre alla ricerca di nuove cognizioni, degradando così il valore etico del bene.
Ho percepito chiaramente come ogni uomo abbia una sua storia già scritta, ma in quella storia c’è il libero arbitrio cioè l’autonomia nello scegliere la strada da percorrere: per i credenti, quella indicata da Nostro Signore in osservanza ai Suoi Comandamenti ovvero quella “libera” o che fa parte di altre credenze; per i non credenti, il fatalismo ovvero l’ateismo.
Ho ragionato sulla realtà di una Croce piantata nella storia di questo mondo che non può essere nato dal nulla ma creato da un Essere superiore. Per me ha significato che l’umanità ha avuto e ha il dovere di leggere dentro quel simbolo di sofferenza. Per trentatré anni, anche con manifestazioni straordinarie, Dio, con un atto d’amore, ha reso visibile all’ignoranza ciò che non poteva vedere materialmente. Dopo duemila anni, il Signore continua ancora ad indicare agli esseri umani, sempre più evoluti nella conoscenza e che continuano a disobbedire, la strada da percorrere porgendo altri Esempi diversamente significativi.
Da qui la necessità, specialmente ora, dopo tanti secoli da quella Croce, di un atto di Fede nel credere a quella Verità.
E’ così iniziata nuovamente la mia meravigliosa avventura alla riscoperta e al consolidamento della FEDE nel DIO Cristiano.

La forza mi nasce nella mente che mi ricorda che tutto può improvvisamente evolversi in qualcosa di diverso per raggiungere una futura realtà universale profumata di pace senza fine, densa di antichi e nuovi affetti/emozioni.
In realtà, questa interiorizzazione non è un imprigionamento volontario in un ragionamento assolutamente personale ma, in una continua ricerca e conferma, è solo un primo passo che cerco di fare verso l’universalità.
La mia vita, così impostata, la metto in contatto con la vita di altri e molto spesso realizzo la difficoltà a inglobare nel mio pensiero le diverse mentalità. Provo allora con l’Esempio, forte di quei Valori che il Signore mi ha indicato e in cui credo, per mostrarlo alla luce di ogni Coscienza che non posso non considerare in potenziale evoluzione.
E’ un metodo mentale alla ricerca dell’armonia pur nella consapevolezza che la concordia non sempre è aderente alla vita reale nella quale, soprattutto, le necessità fisiche spingono lontano dalla spiritualità. Peraltro, il progredire della società, del potere economico, delle differenziazioni tra classi sociali, dell’idolatria dell’Io nell’ assenza della ricerca del bene comune, della sete di ricchezza e non ultima la stessa povertà, rendono arduo un cammino che si rivela, tra cespugli spinosi, sempre più tortuoso. Talvolta, di fronte agli insuccessi, anche a causa della mia impostazione caratteriale, cedo alla rabbia, al rancore, alla ribellione, alla caparbietà, e poi mi ritrovo a chiedere perdono al Signore per l’arroganza avuta e riprendo a pensare agli Esempi che copiosi ha seminato nella mia vita.
Poiché sento che la regola dev’essere quella di sottomettermi interamente alla forza della Luce che sento guidare ed esprimere in me una spiritualità più elevata, constato, nel cercare di comprendere l’esterno, che le limitazioni sono molte mentre è sempre emergente il rischio di rimanere contaminato da comportamenti e pensieri agnostici che non fanno parte della mia indole.
In questo complesso processo evolutivo, mi sono inoltrato, seppur in modo superficiale, nella difficile rilettura della Bibbia e del Nuovo Testamento negli Atti degli Apostoli volendo conquistare una migliore consapevolezza della validità o meno del mio pensiero.
Ho voluto riesaminare con l’ausilio di una conoscenza/coscienza spirituale più sviluppata il “vecchio” per comprendere ciò che appare immutabile nel tempo e riconduce sempre al concetto di FEDE.
Ho considerato che le umane manifestazioni dell’epoca, assai raffinate sotto il profilo filosofico, richiedevano visioni e dimostrazioni costanti e straordinarie da diffondere tra le genti per colpire la loro grezza sensibilità. E’ stato difficile per me riuscire a interpretare i molti simbolismi, le molte metafore con riferimenti a storie reali.
Ho realizzato che la profondità del pensiero dei Profeti, delle spiegazioni dei Miracoli e delle Parabole come “Parola del Signore” riconducono tutte alla necessità d’ imbrigliare le credenze popolari dovute a paure, impressioni, convinzioni, necessità, tradizioni, stimolando all’osservanza delle riferite, sintetiche Regole Divine tutte volte al Bene comune.
Ho recepito nelle predicazioni che ho letto l’invito a conquistare una coscienza tutta basata sui valori di obbedienza al Supremo Concetto di amore, fraternità, perdono e rispetto, in aperto contrasto con gli istinti belluini non condizionati dalla evoluzione spirituale che sembrano essere stati prevalenti allora e, a mio avviso, lo sono ancora, anche se con differenti manifestazioni.
Ho compreso che la vita su altre dimensioni, diventa una esigenza essenziale e dinamica dell’anima che si evolve, nonostante la diversa indole degli uomini.
A questo punto mi sono chiesto come mai, con la forza del “pensiero” dell’epoca, i Profeti avevano avuto la capacità di comunicare concetti di profondo e nobile spessore filosofico senza rimanere impressionati, come i comuni mortali, solo dalle esibizioni della Natura terrestre con i suoi fenomeni e dalle grezze regole delle genti legate in piccole comunità, interpretando, comprendendo e trasmettendo anche il Messaggio Divino prima che il Signore si manifestasse apertamente. Mi sono anche chiesto come abbiano fatto gli Apostoli, discepoli fedeli a Gesù, gente senza istruzione, semplice e modesta, a percorrere il cammino di Fede per comunicarlo alle genti con l’esempio, la predicazione e le sofferenze. La risposta è stata sempre la stessa: credere in Dio e avere Fede.
…Antica saggezza che consapevolmente supera i confini delle minori conoscenze e, in una sintesi, congiunge il più alto livello di pensiero a quello più basso per approdare alla venuta di “Emmanuele”, il Messia che, incarnando il Divino, mostrerà la forza del vero amore.
Sono andato oltre, domandandomi: Dio creatore, che è generoso, aiuta e soccorre, è anche il Dio che punisce, colpisce e condanna in eterno? Mette alla prova la nostra natura solo per far emergere quella necessità di speranza in un bene senza fine di alta spiritualità nell’universalità per aiutarci ad approdare ad essa? Aiuta a comportarci in modo aderente al Suo dettato con lo stimolo della speranza per lasciarci liberi di partecipare o meno alla Sua Agape? E perché tutto questo?
La risposta è stata sempre la stessa: credere in Dio e avere Fede.
Per imparare la via della virtù e maturare una diversa concezione della “perfezione divina” che sicuramente non è quella con la quale ora vediamo e pensiamo a Dio perché contaminati dalla nostra umanità e arriviamo a concepirLo solo in modo terreno, la soluzione è sempre la stessa: avere Fede.
Per tale considerazione sono ritornato sul Vangelo. Ho nuovamente letto che Gesù, ormai morente sulla Croce, gridò a gran voce “Elì, Elì, lemà sabactani?” che significa” Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”… Poi, dopo aver nuovamente gridato a gran voce, esalò lo spirito ( Vang. sec. Matteo).
Anche Lui ebbe momenti di scoramento come qualsiasi essere umano il che dimostra ancora la fragilità terrena ma non certo l’abbandono di Dio.
Il Vangelo, infatti, racconta dei fenomeni straordinari che accaddero subito dopo la Sua morte e la sua Resurrezione con l’Apparizione agli Apostoli invitati, dopo aver loro mostrato le ferite della lancia e dei chiodi, a seminare la parola del Signore e a fare discepoli i popoli: “andate, dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Vang. secondo Matteo).
E loro andarono… La semina fu copiosa di frutti, fu la rivoluzione cristiana, nacque la Chiesa cattolica quale Tempio del Signore ma continuarono anche le malvagità umane nelle arene del sacrificio e del dolore, e poi altre crocefissioni e barbarie. San Paolo, nella sua lettera agli Efesini, incita a comportamenti improntati a umiltà, generosità e amore. Altrettanto fa Luca nella sua lettura del Vangelo invitando a trovare sempre accordi con gli avversari prima di arrivare ai giudici.
Non solo per quel che ci viene riferito per “de relato” dai profeti, mi domando come si possa non essere credenti quando Cristo non ha fatto e non fa altro che ricordarci con l’esempio ciò che è al centro della volontà di Dio: riconciliarci col nostro prossimo lungo il cammino nel mondo perché il perdono ci fa completamente entrare nella Sua evidenza.
Sono convinto che quando quella realtà sarà diventata viva nella mente degli uomini, la necessità di accedervi costantemente per spingersi sempre più in alto sarà fisiologica ed emergerà il desiderio di raggiungere un’altra tappa più elevata e nuova vita nella concordia.
Il “sentire” con intensità sempre maggiore dimostrerà come la vita senza quella convinzione è misera e fallace perché rimane legata al “materiale” e non certo all’anima. mente, pur se inestricabilmente connessa agli eventi, è stata benefica nel farmi riflettere sull’importanza dei valori cristiani che hanno dissolto paure e dolori amplificando i sentimenti nobili.
Per uscire dalla “cecità” non si può restare passivi come se i segni mandati da Dio fossero indicazioni da guardare come spettatori di miracoli. Si tratta semplicemente, come ci ha detto Cristo, di riconoscere la volontà di Dio e di applicarla.
Per gli esseri umani riconoscere che il perdono ci fa entrare nell’evidenza del Nazzareno e ci invita a non rifiutare la conciliazione, deve significare aprire la porta del Regno di Dio.
Ma è duro, molto duro trovarsi ad affrontare situazioni deteriorate da egoismo, disonestà, e cattiverie che si prolungano nel tempo, e dover constatare che i tentativi di riconciliazione vengono solo da una parte. E’ duro anche scoprire le metamorfosi verso il “disinvolto” di persone a cui vuoi bene e la pervicacia di tante creature dominate dal male, dall’ambiguità e dall’ipocrisia. Anche questa è una piccola Croce da sopportare. Non parlo di “ignoranza” ma semplicemente di “interiorità molto terrena” a fronte di una “interiorità di più elevato livello”.
Ritengo comunque che occorra fare un distinguo tra il profilo mentale e quello spirituale perché la “spiritualità” è qualcosa di più grande del prodotto di una mente evoluta ma è il volto dell’anima che si tiene al coperto della mente stessa usata solo come strumento. Su questi argomenti si sono cimentati studiosi, teologi, saggi, filosofi, ma anche gente semplice che hanno ragionato solo sui concetti del bene. Io ho sempre approfondito gli accadimenti della mia vita e ho compreso che tutto è già scritto. Avevo solo la facoltà di decidere la strada da percorrere.

Ho constatato che avevo un obiettivo da raggiungere come aveva deciso Il Signore e Lui me lo ha fatto raggiungere solo quando lo ha ritenuto opportuno e nelle modalità da me decise. Sono stato uno strumento della sua volontà anche se libero di variare il percorso che Lui mi suggeriva.
Mi sono posto ancora domande.
Quando non sarò più in questo mondo come rivivrò? Cosa è l’anima? Non so darmi una risposta; penso a un “qualcosa” di diverso dalla mente, dalla vita e dal corpo, quasi una ispirazione al contatto con l’universalità per un risveglio in un nuovo “essere” che “viva” nel Divino con un amore più completo.
E’ quindi un contenitore che recepisce una “sensazione” di cui si diventa intimamente e inevitabilmente consapevoli per raggiungere dopo la vita terrena un bene supremo.
In che modo agisce? Non lo so, ma non posso che darmi sempre la stessa risposta: occorre raggiungere la Fede per comprendere.
Devo necessariamente fare riferimento all’amore per spiegare a me stesso questo ragionamento abbracciandolo alle ”emozioni” vissute. Amore verso Dio creatore e salvatore e amore per il prossimo come ci dice la Religione cattolica e mai citato in altre Religioni, ovvero semplicemente quella “Emozione” molto terrena dovuta alla nostra natura biologica e sempre più idolatrata? La mia risposta sostanzialmente non cambia: credo in Dio, così come Gesù ci insegnato perché, attraverso Lui, l’umanità ha vissuto il Suo grande Amore, e noi, attuali abitanti della terra, lo viviamo ogni giorno attraverso la Chiesa e altri esempi e altri segni che, simbolicamente, forse apparentemente in modo meno cruento, riportano ai CHIODI.
Gesù ci ha indicato la strada maestra in attesa dell’esperienza finale che la giustificherà. Mi riferisco a un “ finis vitae” delle cellule che deve rappresentare “ l’inizio della vera vita”.
Personalmente non ho più la pace mentale e, pur cercandola, non riesco a trovarla. Il mio constatare costantemente la grande difficoltà a comprendere gli eventi spesso sgradevoli, a subirli e interpretarli riportandoli spesso a miei errori, non fa altro che imprigionarmi in una gabbia serrata da un lucchetto di cui proprio io ho la chiave consegnatami dal Signore. Ma perché molte volte non riesco ad adoperarla? E’ come avere il desiderio di togliermi una pellicola di dosso che sembra impedirmi di utilizzare quella chiave per aprire quel lucchetto. Ho concluso che è il prezzo che devo pagare con obbedienza.
Mi sento più forte e sicuro solo quando la mano amorevole di chi, vicino a me, soffre, non si lamenta, ma, cercando di consolarmi, prega Dio stringendo la mia. Nel diuturno colloquio con nostro Signore anche io prego sempre di proteggerlo e di farmi portare a termine ciò che vorrei concludere nel suo bene, pur affidandomi completamente al volere Superiore.
In quella preghiera c’è il mio sentimento terreno con la speranza in una Stella celeste che mi dia ancora la forza di affrontare la notte per dissolverla in un’alba rutilante. Prego, ripeto, non per me che mi sono affidato al volere divino, ma per il mio “Bene prezioso”.

La forza innata che si trova in ognuno di noi va quindi scoperta per garantirci il calore e il conforto di cui abbiamo bisogno. Per questo Dio mi ha donato anche quel “Bene prezioso” dalla luce pura e luminosa che accompagna la mia vita. Concludo questa riflessione riferita a me stesso con quest’ ultimo pensiero sulla preghiera. Sull’argomento le varie culture si sono sbizzarrite. Personalmente ritengo che l’uomo credente debba rivolgersi al Signore nel modo più semplice e spontaneo così come fece Gesù sulla Croce. Parlargli in modo naturale perché Dio si è fatto uomo per permetterci di colloquiare con Lui. La necessità di una recita della preghiera serve solo per dare “ordine” e “metodo” ai più semplici che il più delle volte chiedono miracoli. Chi di noi non l’ha fatto? Per nostro Signore, forse, è solo di rilevante importanza: conoscere il male ma non farne parte, vivere nel bene proteggendolo, cercare Dio anche nei momenti in cui sembra averti dimenticato. In questa convinzione distendo la mia vita residua, anche in mezzo al frastuono, come in un calmo rifugio inviolabile.