Il 27 ottobre 1957, un folto gruppo di baldi giovani (poco meno di 300) entrò a Palazzo Ducale per dar vita e slancio al 14° Corso dell’Accademia Militare dell’Esercito. Erano gli anni della cosiddetta “Guerra Fredda”.
Nei giorni 7-10 giugno 2012 un gruppo di “superstiti” di quel gruppo, circa una quarantina, s’è incontrato a Monfalcone (GO) per celebrare il 55° anniversario di quella lontana magica avventura che poi ci accompagnò nel corso della nostra vita al Servizio della nostra Patria, al seguito della via tracciata dalla stella a 5 punte!
Avevamo 20 anni e l’animo rivolto allo svolgimento di un compito di grande rilevanza, che ci illuminava e sospingeva: la partecipazione alla garanzia dell’integrità dei confini orientali.
I partecipanti - molti dei quali accompagnati dalle mogli, che ci hanno seguito con grande spirito di abnegazione nello scorrere di una carriera spesso scomoda e vissuta nelle sedi più strane e disagiate - e il gruppetto di Signore vedove di quei 73 colleghi che (come sono usi dire gli Alpini) sono “Andati avanti”, hanno rivissuto momenti di forte intensità e-motiva. Diverse decine lasciarono l’uniforme, negli anni, seguendo altri percorsi di vita, ma sono sempre rimasti legati.
L’incontro in terra friulana - nella pianura goriziana e dintorni, all’ombra del dolente Carso, luogo di estreme sofferenze legate alle terrificanti battaglie combattute nella 1ª Guerra Mondiale ed agli eccidi dei 1945 - ha avuto l’effetto di aprire il coperchio del “Vaso di Pandora” dei ricordi negli animi di tanti Ufficiali che passarono anni, spesso reiterati nel tempo, nelle caserme del Go-riziano, e che in più casi non erano più tornati da quelle parti.
E’ stata una “tre giorni” intensa quella vissuta al cospetto della famosa “Soglia di Gorizia”, grazie all’impegno del gruppo organizzatore (che ringraziamo di cuore) che ha concepito il programma di visita ed a causa dei nostri capelli grigi! Quando, ahimè, ci sono ancora.
Siamo stati ricevuti dal Sindaco di Monfalcone in Municipio ed abbiamo deposto una corona al locale Monumento ai Caduti; siamo stati in visita al grande mausoleo di Redipuglia, che conserva le spoglie di combattenti provenienti da 21 regioni d’Italia e caratterizzati dai dialetti i più strani ed involuti, ma uniti da un unico dovere. Passano gli anni, ma il magico fascino ed il senso del rispetto di quel luogo, monito di pace, è sempre vivo.
La visita alla stupenda basilica di Aquileia, con i suoi millenari mosaici, enfatizzata sapientemente da un illustre studioso, e la successiva visita del cimitero di guerra circostante dove, fra le tombe dei alcuni soldati del luogo, spiccano - chiamando alla meditazione - le tomba dei 10 soldati ignoti sepolti dopo la scelta del Milite Ignoto, nel 1921.
Gioverà ricordare come il 26 ottobre 1921, la Signora Maria Bergamas, madre d’un soldato caduto e non più ritrovato nel corso della Grande Guerra 1915-18, fu chiamata all’arduo compito di scegliere le spoglie di uno tra gli 11 resti di altrettanti soldati non identificati, riesumati e fatti pervenire in basilica da altrettanti fronti di guerra. I giornali del tempo enfatizzarono l’elevato e struggente momento - durato 3 minuti angoscianti, eterni come ore - allorché la povera donna si trovò a dover scegliere. Pare di sentire ancora oggi l’urlo di dolore e liberazione: “Antonio, Antonio”, con cui la povera madre invocò il figlio perduto, prima di accasciarsi su uno degli 11 feretri presenti, abbracciandolo strettamente.
Il soldato scelto a rappresentare i 650.000 Caduti (e tutti gli altri di ogni tempo), come è ben noto, giace ora all’Altare della Patria, a Roma, mentre gli altri dieci riposano in un sacello, dietro la basilica d’Aquileia, all’ombra dei tigli, e le loro ossa non si stancano di sussurrare al vento il messaggio valido tutt’ora: “l’Italia è fatta e guai a chi la tocca!”.
Ancora, successivamente, il gruppo dei radunisti s’è recato a rendere omaggio, con deposizione di corona, ai sepolti vivi nella Foiba di Basovizza dove nel 1945, a guerra finita, centinaia di esseri umani, uomini e donne, furono gettati in una forra profonda un paio di centinaia di metri, spesso vivi, solo perché colpevoli di essere italiani. Un momento della storia dell’uomo buia, anzi nera: nerissima e per tanti decenni tenuta nascosta!
A questi appuntamenti legati agli avvenimenti storici si sono inframmezzati due momenti di rilassamento: l’assaggio di un eccellente prosciutto, stagionato per 16 mesi, consumato in un grande e ben organizzato prosciuttificio di San Daniele del Friuli: non risulta che alcuno si sia sottratto alla gradita incombenza conviviale della consumazione!
Altrettanto interesse ha destato, malgrado l’ora calda del primo pomeriggio, “l’omaggio” dedicato ad una solida e moderna Cooperativa agricola in quel di Cormòns. Il competente direttore ha spiegato al gruppo l’attività vinicola dell’azienda, che raggruppa circa 200 soci, soffermandosi, in particolare, sul “Vino della Pace”.
Fu nel 1983 che fu messo a dimora in loco un vigneto “incantato”, che potrebbe essere uscito dal sogno d’un alchimista: creare la Vigna del Mondo. Da allora, il Vino della Pace nasce ogni anno da questa vigna che ospita più di 400 varietà di vitigni provenienti da ogni angolo del mondo, una specie di museo vivente. La prima vendemmia (anno 1985) produsse circa 10.000 bottiglie di vino. Il 9 aprile 1986 partirono le prime bottiglie di Vino della Pace dirette ai Capi di Stato, in segno di fratellanza ed amicizia; da allora, ogni anno, questa pratica viene reiterata. Va anche detto che ogni anno le bottiglie (le etichette, ovviamente ed anche le capsule del tappo) e le botti vengono impreziosite dalla mano di grandi artisti (Guttuso, Manzù, Sassu, ecc.). Il Vino della Pace, bianco e purissimo, viene fornito anche al Vaticano per la celebrazione delle Sante Messe officiate dal Santo Padre.
Molti componenti del nostro gruppo hanno fatto man bassa di bottiglie e gadget, anche se si dubita fortemente del processo di… santificazione dei suddetti, conseguente!
L’incontro dei componenti il 14° Corso d’Accademia s’è praticamente concluso la domenica 10 giugnio, dopo la visita alla chiesa di Barbana (a Grado - Gorizia), dove tutti hanno assistito alla Santa Messa, celebrata con rito spartano da un frate francescano, con lettura dei nomi dei 74 colleghi andati avanti.
Nell’insieme l’incontro s’è rivelato, come sempre, suggestivo e toccante, nel far ritrovare assieme persone che non si vedevano anche da decenni. Un solo accorgimento è emerso: data l’età media dei componenti la schiera del corso ( 75 anni) sarebbe conveniente non attendere altri cinque anni per ritrovarsi, ma anticipare.
La legge della natura suggerisce che:… non si sa ma!
In estrema sintesi: un commento unico è stato affidato al vento: Viva l’Italia: sempre, dovunque e comunque.

                                                                                                                      Roberto Rossini