Un "gambitto" a Gambelli
Personaggi: Lucio, Giancarlo e il Prof. Giovannozzi
Stavamo frequentando il primo anno della Scuola di Applicazione di Artiglieria. Dopo i due anni di Modena, ci sembrava di essere andati in Paradiso....
Purtroppo, però, c'erano i due interrogatori settimanali a riportarci alla dura realtà; non si faceva a tempo a finire un interrogatorio che subito si avvicinava il successivo. E, come se non bastasse, c'era sempre l'imprevisto di una interrogazione in classe per la quale non avevamo il tempo materiale di prepararci.
Gli interrogatori di Meccanica applicata venivano effettuati in un'aula ad anfiteatro e consistevano in un'esercizio diverso per ogni fila di allievi e, nell'ambito di una stessa fila, si differenziavano per il valore dei dati m ed n dell'esercizio che dovevano essere posti uguali alla lunghezza del nome e del cognome di ciascun sottotenente allievo.
Si trattava in definitiva di applicare una o più formule ma il procedimento era però uguale per tutta la fila, cambiando solo i valori dei dati.
Bastava allora che il primo della fila si facesse un po' di lato che chi stava dietro, grazie alla conformazione a gradinata dei banchi, avrebbe potuto dare una "sbirciatina" e portare a casa una sufficienza.
Un giorno però, durante una lezione, il Prof. Giovannozzi, che era alquanto seccato per lo scarso risultato avuto in uno di questi esamini, prese ad interrogare coloro che avevano preso una deficienza.
Il risultato fu ancor meno soddisfacente in quanto, alla deficienza presa nel compito, gli interrogati sommavano una nuova deficienza.
Dopo aver appioppato cinque o sei deficienze il Giovannozzi chiese che si alzassero in piedi tutti coloro che avevano preso la sufficienza nel compito in classe.
Tutta la mia fila (di cui io ero il capofila) si alzò in piedi; il professore stava alzando il dito nella mia direzione ed io realizzai che sarebbe toccato a me....
L'istinto di sopravvivenza ebbe il sopravvento e il mio sedermi fu un tutt'uno con l'alzata del dito del prof che risultò puntato su Giancarlo, il quale, sorpreso e stupito della mia mossa repentina, sembrava chiedere conferma che fosse proprio lui l'agnello sacrificale.
Un coro di assensi da parte di tutti gli altri "raccolti in piedi al Gambelli d'intorno" lo spinsero nelle fauci del professore e verso l'immancabile deficienza.
Ed il buon Guancarlo, da quel ragazzo squisito che è sempre stato, non me ne volle mai per la mia goliardica scappatella....
Ancora adesso, a quasi cinquanta anni di distanza dall'episodio, ogni volta che ci incontriamo, non manchiamo mai di ricordarlo con sincera amicizia ed affetto reciproco.