Poesia di Francesco Caporale (Ciccio il Bruzio)
Piazza di Santo Agostino,
Un martire romano se non ricordo male
Ma, qui, io voglio ricordare un tale: don Natale.
Puparo di stampo antico e siciliano
Che per sbarcare il lunario diventa cittadin reggino
Ed è qui, vicino la piazza che, a sera, aduna i pupi ad uno ad uno,
Non prima d'aver fatto da botteghino
Chiudendo un occhio per chi il soldo lo vedeva al lumicino
Nel senso che non aveva il becco d'un quattrino.
Era ossuto don Natale,
D'una secchezza che dalla pelle s'intravedeva il cranio,
Aveva rado il capello,ormai sulla testa vano,
Le braccia aveva lunghe e a ciondoloni
Ma era abile, il vecchio,a muovere i pupi con le mani
Ed a modulare, con la bocca, piena di rughe, tutti i suoni.
Ma ecco si spengono le luci
Ammutiscono,d'incanto,chiassose voci
Ed inizia la contesa tra le forze dei due duci:
Arrivano baldanzosi sui corsieri
Erano tanti e tanti e si scorgevano,tra la polvere,i lor cimieri
Tenevano l'arma già pronta i focosi cavalieri.
Lo scontro fu cruento e presto fu la conta dei morituri
Per memoria e gloria per gli uomini futuri
Ed intanto finisce il primo atto e si aprono gli scuri..
Per cambiar l'aria divenuta puzzolente
Per qualche scurreggia d'un fetente
Che in aria la manda senza preavviso e lentamente
Ed intanto che gli spiriti si placano
Uniti, a coscia a coscia,nello stretto e buio antro,
I pupi prepara don Gaetano per il mortale scontro:
Tra i due belligeranti e d'Angelica entrambi amanti,
Non sui cavalli, dato lo spazio invero meschino,
Ma sulla nuda terra con i metalli, nell'aere, vibranti.
Orlando ringhiava in modo furioso
Ch'avendo gran voce gonfiava il petto e borioso
Invocava Angelica:oh dolce della tua beltà mi sento il cuore invaso.
Rinaldo, intanto,
Che della sua destrezza menava sempre vanto
Ed era anche di lingua astuto e di suadente canto:
Vieni, sfidava, ed addobati per la lunga lotta,
Caro il mio Orlando, ed avanza sulla giusta rotta
Ch'io possa vedere il tuo naso prodiere cadere a prima botta;
Ah,manigoldo
Non ho paura delle tue pansane sono forte e saldo
E ti farò assaggiare la polvere, gran seduttore ribaldo,
Intanto si susseguono le finte
Di testa, d'anche, di varie diavolerie ed altrettante
E l'eco delle innumerabili "folate" l'aere rende molto pesante.
Inizia, nell'antro, altra battaglia
Don Natale si sente(non è da dire) e diciamo succede un parapiglia
È un baccano sì forte e arrotato ed a qualcuno la parola, nell'ugola, s'incaglia.
Ma quanti furono i morti ammazzati
Nell'arena e d'ambo e di tutte e due le parti
E quali furono le loro sorti?
La storia orale tramanda
Che fu di sangue rossa finanche del, bagnasciuga, la leggiadra onda
E la lotta, per entrambi incerta, fu lunga, corrusca e furibonda.
Orlando tra tanti corpi barcollava
Mentre Rinaldo, al pari, c'inciampava
E più di mille morti don Natale ne contava
E a questo punto s'intonava il coro nel ritmato canto:
Cala,cala don Natale ,ieri erano meno di cento
È vero, è vero ma ieri un cero numero s'involò col vento,
Ma adesso muti e fatemi finir la storia
Che, certamente, così lunga e veramente varia
Ch'ogni tanto mi fa sbagliar di conto e di memoria.
Orlando dal duro sforzo vaneggiava:
Vieni avanti, vociava, con l'arma in mano e non sputar saliva
Sol per me la soave Angelica sarà giuliva;
Ma Rinaldo di rincalzo..
Angelica?, oh peloso scimmione sicuramente per te non muore
Non sente per te alcun tremore e sol per me arde il suo bel cuore.
Ma non finisce di dire il cuore
Che un colpo,improvviso,tutto il fà tremare
E scuotilo tanto da farlo a terra ruzzolare,
Ma quello si riprende d'un rapido respiro
A lato si pone, d'un colpo, subito al riparo
E tosto si lancia col rimanente fiato e a muso duro.
Don Natale, però, è senza voce alcuna
E vedendo la notte ch'avanza e su ogni cosa è ormai sovrana
I pupi tosto accascia ed il buio stende sulla stanca scena..
A domani, con amore
Dice ai suoi pupi stanchi e addormentati
E voi dalla mamma fatevi mandare coi soldi ben contati.
L'indomani... avanti, avanti cinque lire costa
E tu togli la mano lesta dai soldi della mia cesta
Se non vuoi una zuccata d'un mio pupo sulla testa
E la storia continua: Rinaldo era a muso duro
A motivo che non aveva occhi per l'ambiente scuro
E chiese pausa dello scontro sotto la celata serio,
Orlando che più non arrancava
Di questa richiesta in cuor gioiva
E tosto, col far di grande paladino, il capo al sì chinava.
Or sono sul campo di nuovo ritrovati
Ma dalle lunghe battaglie nel fisico provati
Si guardano in giro e..vedono i morti d'ieri resuscitati
Ed all'unisono...
Siamo nel sogno o siamo davvero desti
Dei corpi di questi, ieri, si vedevano, delle carogne, solo i resti
E qui ti voglio
Nel piccolo teatro fu subito scompiglio
Don Natale perdendo più memoria non ebbe alcuno appiglio...
Dacci i nostri soldi ed anche il resto,
Tutti gridavano col volto tra il faceto e il mesto,
Questa non è istoria vera, è racconto d'un pazzo a basso costo.
Finirono battaglie e cavalieri
Furono messi al bando anche gli scudieri
Non ci fu più oro erano vuoti gli ultimi forzieri
Di don Natale s'è perso la memoria,
Dei pupi non v'è più nessuno a tramandar la storia
Ed ancora m'assale il dubbio antico: fu vera o falsa istoria?
francocapo1938@gmail.com