Il Camerata ed il sole dell'est

Racconto di Ruggero Contini (Roger)


Il sole del mattino disegnava ombre lunghe sulla sabbia quasi estraendole liquefatte dalle pietre del deserto, rosso il colore dominante del paesaggio circostante solo eroso dal nastro scuro della via Balbia.
Il vecchio si alzò dalla pietra miliare su cui era seduto e consultò nuovamente la mappa. Era molto vicino al suo obiettivo: da lì cominciavano i campi minati. La mattina è fredda nel deserto; ma è di mattina che le ombre fanno risaltare la ragnatela letale annidata nel sottosuolo e lui doveva attraversare solo poche centinaia di metri per raggiungere il muretto di sassi squadrato, povero residuo di una piccola postazione avanzata italiana travolta dall'impeto di due carri Mathilda molti anni prima. I resti del suo amico non erano stati ritrovati; ma lui sapeva dove cercare.

Così avanzò lentamente verso Nord, curvo, gli occhi che cercavano di strappare alla sabbia il segreto nascosto. Mappa, occhi, ombre, ricordi ed una lunga baionetta da usare come sonda.
Incredibilmente trovò ancora visibile una breve traccia del passaggio di un cingolo e tutto fù più facile. In poco tempo si ritrovò nella postazione: ancora a Nord per otto passi... il piccolo cumulo di pietre non esisteva più... pochi frammenti di una bottiglia rotta.
Spazzò e scavò con pazienza, niente piastrina, resti, mostrine, niente di niente.
Si sedette sul muretto della postazione e rivisse quella notte terribile.
Il sole era ormai alto quando percepì una presenza, come un fruscio alle sue spalle.
Si girò lentamente: una piccola donna araba, avvolta e velata di nero, lo fissava con occhi scuri; alle sue spalle un beduino su un dromedario, fasciato nel mantello scuro di lana, una rozza spada dalla lama larga e dritta, con l'impugnatura a forma di croce sul pomo della sella, un 303 inglese a tracolla e l'immancabile scudiscio. Silenziosi entrambi.
Il vecchio sorrise, prese la borraccia, strusciò la manica sulla bocca, accostò le labbra all'imboccatura senza toccarla e poi la alzò in offerta: un cenno del capo del beduino e la donna la prese e la porse all'uomo che, dall'alto, infilzato lo scudiscio nella cinghia, alzò il tutto al velo del viso, con gesto rituale. La borraccia rifece il percorso inverso.
Il vecchio si rimise in cammino lentamente verso Sud, ricalcando ostentatamente le sue orme, sino alla strada, vicino alla pietra da cui era partito, e solo allora trovò il tempo di voltarsi. I due lo osservavano ancora dalla ridotta.
Poi il beduino indicò la direzione alla donna con lo scudiscio: Est, proprio in mezzo al campo minato. La piccola figura nera si allontanò lentamente a piedi, seguita a trenta passi dal cavaliere che fissava il vecchio. Una duna li nascose presto ai suoi occhi e così come erano apparsi silenziosamente svanirono.
Il vecchio divenne poi ancora più vecchio, ebbe una vita lunga e fu mio amico: mi disse di aver ritrovato tracce del passaggio dei resti del suo camerata ad Alessandria d'Egitto, in un registro cimiteriale inglese e poi a Bari, che è molto lontano da dove entrambi erano nati; ma è pur sempre Italia, a casa, insomma.
Ho rivisto il mio amico molte volte, con la moglie, e li ho fotografati.
Ieri, in un piccolo cimitero di montagna, il figlio ha voluto che vedessi dove riposavano, li ho ritrovati, nella bella foto che avevo scattato, riportata su ceramica.
Ma aveva un sorriso, un sorriso negli occhi e sotto i baffoni, quel vecchio, un sorriso che non ricordavo, mentre posava ostentatamente il suo braccio con geloso, orgoglioso affetto sulle spalle della moglie, stretta al suo fianco: ed era come se avesse voluto con quel gesto ricordarmi qualcosa, il vecchio.
Illusione ottica, certo, chimera nata da un lampo di sole sulla pietra: da Est, dato che era mattino.